La ricercatrice andrà in carcere | "Istigazione al terrorismo" - Live Sicilia

La ricercatrice andrà in carcere | “Istigazione al terrorismo”

Il tribunale del Riesame ha accolto l'appello della Procura, che aveva fatto ricorso contro la decisione del gip di non convalidare il fermo e rimettere in libertà la donna.

PALERMO – Alla fine ha avuto ragione la Procura. Il Tribunale del Riesame di Palermo, accogliendo l’appello dei pubblici ministeri, ha disposto la custodia cautelare in carcere per Kadga Shabbi, la ricercatrice universitaria libica fermata a dicembre per istigazione a delinquere in materia di reati di terrorismo. Il giudice per le indagini preliminari non aveva convalidato il fermo ed aveva rigettato la richiesta di arresto avanzata dai pm, disponendo solo l’obbligo di dimora. La Procura ha fatto ricorso al tribunale del Riesame che ha accolto l’appello. La donna, 45 anni, non dovrebbe comunque finire in cella perché appare scontato che il difensore, l’avvocato Stefano Gambino, faccia ricorso in Cassazione. Un ricorso che blocca per il momento il provvedimento giudiziario.

Sulla decisione avranno pesato le nuove “prove” acquisite dai pm Calogero Ferrara ed Emanuele Ravaglioli. Nel pc dell’indagata, infatti, sono stati rinvenuti una serie di scatti fotografici che svelerebbero i contatti fra la donna e alcuni personaggi legati ad Al Quaeda. Si tratta di immagini inneggianti alla jihad, la riproduzione di una sorta di proclama della guerra santa, guerriglieri islamici davanti a corpi ammassati in una fossa comune, il pavimento insanguinato di una stanza e la foto di un bambini kamikaze. Non solo materiale scaricato da Internet, ma inviato all’indagata forse da alcuni amici, tra cui dei militanti dell’organizzazione Ansar Al Sharia Libya bandita dalla Nazioni Unite.

Il tutto, secondo l’accusa, dimostrerebbe che l’indagata non si sarebbe limitata a commettere un reato di opinione attraverso un’intensa attività di propaganda, ma avrebbe avuto contatti con guerriglieri legati ad Al Quaeda. Ecco perché nei suoi confronti la Procura ipotizza un nuovo reato introdotto nel nostro codice per contrastare il terrorismo e cioè “la pubblica istigazione a commettere più delitti in materia di terrorismo”.

 


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