La ricetta di Epifani: | "La Fiat produca più auto" - Live Sicilia

La ricetta di Epifani: | “La Fiat produca più auto”

di PAOLO BARONI (www.lastampa.it) «A Termini? Solo la produzione di auto garantisce occupazione» dice il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. Che chiede al governo progetti per arginare la crisi, «non si può continuare a galleggiare» e alla Fiat di soprassedere alla chiusura.
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«A Termini? Solo la produzione di auto garantisce occupazione» dice il segretario della Cgil Guglielmo Epifani. Che chiede al governo progetti per arginare la crisi, «non si può continuare a galleggiare» e alla Fiat di soprassedere alla chiusura.
Marchionne è pronto a rinunciare agli incentivi, Marcegaglia chiede aiuti per tutti i settori in crisi. Scajola invece teme effetti distorsivi. Lei che dice?
«Il ministro Scajola all’ultimo incontro ci ha detto che avrebbe chiesto un incontro in sede europea per armonizzare gli incentivi. E questa è una mossa corretta perché questa discussione non può essere fatta in astratto. Se gli altri paesi adottano una strategia di uscita morbida anche l’Italia deve seguire questa strada. Dopo di che meno se ne parla e meglio è per evitare di deprimere ancora di più la domanda».

Qualcuno dirà che non ci sono i soldi…
«In realtà bisogna decidere dove spenderli. Quel poco che c’è va indirizzato al sostegno degli investimenti e ridurre un po’ le tasse a lavoro dipendente e pensionati. I segnali di ripresa sono ancora deboli ed il 2010 si annuncia come un anno orribile per l’occupazione io farei in più settori una politica di sostegno alla domanda. Non ho il minimo dubbio».

La questione più delicata riguarda Termini Imerese. Nel 2011 si chiude.
«A noi serve un piano industriale omnicomprensivo del gruppo Fiat, perché non c’è solo il problema di Termini Imerese. C’è il problema delle macchine movimento terra, dei grandi camion Iveco, c’è tutta la parte dei motori. Vogliamo capire che scelte si faranno in America, dove verranno prodotti i componenti, dove si farà ricerca e innovazione e dove si realizzeranno i propulsori del futuro, che succederà ai grandi fornitori».

Certo, ma di Termini cosa pensa?
«In questo caso siamo di fronte all’inopinata scelta di Fiat di annunciare ora la chiusura di qui ad un anno e mezzo».

Secondo Marchionne in Sicilia non solo non si possono più costruire auto ma qualsiasi altra produzione sarebbe in perdita…
«Ma due anni fa diceva il contrario: si pensava di portare lì un nuovo modello con aiuti della Regioni per far fronte al problema dei costi. Il vero problema di questo stabilimento è la dimensione dell’impianto, è uno stabilimento relativamente piccolo e quindi dai costi unitari più alti. Ma in una strategia di flessibilizzazione della produzione un impianto più piccolo degli altri ci sta. Poi, Fiat ragiona sul crollo del mercato del 2010 ma cosa succede nel 2012 non lo sa nessuno. Suggerisco un po’ di prudenza».

A Termini non ci sono alternative all’auto?
«Con quelle dimensioni occupazionali dirette e indirette non ci sono altre attività che possono surrogare la produzione di auto, sia che tu voglia farci dei supermercati sia che pensi a prodotti agricoli o ad altro. Marchionne parla di responsabilità sociale e poi lascia andare tutto…non si può».

Al tavolo tecnico del ministero oggi dovrebbero uscire delle proposte alternative…
«Scajola la settimana scorsa ha parlato di sette offerte. Oggi dovremmo capirne di più: chi sono questi nuovi investitori, cosa offrono, quali impegni sono pronti a prendersi?».

Fiat comunque si farà carico dei costi sociali.
«Si dovrebbe fare produzione, non aumentare i costi sociali».

Marchionne lamenta il fatto che non gli si riconosca di aver aumentato gli occupati in questi anni e da ultimo di aver salvato la Bertone…
«Ma qui il problema è il Sud. Termini Imerese, l’Alcoa nel Sulcis, sono realtà industriali troppo importanti. L’interesse del Paese è mantenere un’industria forte e difendere quei pochi poli industriali che ci sono nel Mezzogiorno. Francia e Germania un’idea di cosa difendere e sviluppare nel loro sistema industriale ce l’hanno. E noi?».


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