“Chiudere ventitrè punti nascita non è etico”. L’etica. E la sanità. Protagonisti dell’intervento del segretario regionale della Cgil Medici Renato Costa, nel corso di un convegno organizzato nell’aula Ascoli del Policlinico di Palermo. Un incontro voluto dalla Cgil, appunto, insieme a magistratura democratica, alla presenza del preside della facoltà di medicina Giacomo De Leo. Medici e magistrati, a rappresentare i due momenti principali dell’attività dell’assessore Russo. L’ex giudice “prestato” alla causa della Sanità, per compiere una rivoluzione. Rivoluzione fallita, almeno stando a sentire i partecipanti al convegno.
“Ci siamo chiesti – spiega il segretario regionale della Cgil Michele Palazzotto – in un periodo di crisi come questo cosa sia etico e cosa non lo sia in un settore delicato come quello della salute”. E le idee, in questo senso, sono chiare: “Noi non riteniamo giusto chiudere tanti punti nascita, togliere i posti letto senza prevedere presìdi di medicina territoriale, e soprattutto far ricadere il peso dei tagli solo sulle spalle dei cittadini”.
Insomma, la critica a Massimo Russo è totale: “Non dimentichiamoci che Russo – aggiunge Palazzotto – è stato censurato da un’Assemblea eletta dal popolo. Un parlamento che gli ha contestato, tra le altre cose, anche il ricorso al clientelismo, e le strane logiche alla base delle nomine”. E per la Cgil, le parole suonano un po’ come una delusione: “Noi – racconta Palazzotto – siamo stati sponsor della legge di riforma di Russo. Ma quella legge partiva da un principio: il paziente va portato nel posto giusto e nei tempi giusti. Va bene accorpare gli ospedali – precisa – ma bisogna fare in modo che il paziente possa raggiungerli nel più breve tempo possibile, o che vengano garantiti almeno le strutture di medicina territoriale. Gli accorpamenti voluti da Russo non hanno prodotto alcun risparmio, e il piano di rientro è stato pagato dai siciliani, che sono caricati dall’Irap e dall’Irpef più alte d’Italia”.
Al di là degli aspetti tecnici, però, la delusione riguarda altri fattori: “Anche sulle nomine dei direttori e dei primari c’è molto da dire: non si è fatto altro che sostituire quelli dell’Udc con quelli dell’Mpa. Si è trattato in molti casi di una pura spartizione politica dei posti, degna del manuale Cencelli”.
E qualche dubbio sulla gestione della sanità siciliana emerge anche dalle parole di uno dei relatori, il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato: “Ricevo costantemente notizie contraddittorie. Posso dire che il sistema della sanità, da Milano a Palermo è contrassegnato da un’eccessiva aziendalizzazione, da una gestione clientelare, da una corruzione sistemica e dalla mancata programmazione. Inoltre, si assiste ovunque – aggiunge Scarpinato – a una sorta di privatizzazione occulta: si dirottano verso il ‘privato’ i settori di maggior profitto, lasciando al ‘pubblico’ le attività meno redditizie”. E sulla gestione del “personale” della sanità, Scarpinato spiega: “Assistiamo spesso a nomine che rispondono unicamente a criteri politici. È il vizio di una politica di corto respiro, che vuole incassare tutto durante il mandato”.
Per Lia Sava, invece, sostituto procuratore della Repubblica di Palermo, per vedere i frutti del lavoro di Russo bisognerà “attendere un po’ di tempo. Se i risultati ci saranno, lo vedremo a lungo termine. Io sono convinta che ci sia la volontà di risolvere i problemi, ma è anche vero che oggi, in Sicilia come altrove, il diritto alla salute venga spesso negato”.
Presente al convegno anche Rita Borsellino, che non ha risparmiato critiche a Russo: “Capisco bene che c’è la necessità di ridurre le spese – dice – ma questo non può essere fatto operando tagli indiscriminati che mettono in ginocchio una regione. Senza contare che il sistema clientelare nella sanità – aggiunge – ha solo cambiato nome: siamo passati dal cuffarismo al lombardismo”. E su questo punto, anche Rita Borsellino non nasconde un pizzico di delusione sull’operato di Russo. Ma solo un pizzico: “In effetti, c’era molto attesa sull’azione di Massimo Russo. Ma non ho mai pensato – conclude – che il solo fatto di essere un magistrato antimafia fosse la garanzia che ci trovassimo di fronte anche a un buon amministratore”.