La Sicilia, il voto e la malapolitica | Cari vescovi, siate più severi - Live Sicilia

La Sicilia, il voto e la malapolitica | Cari vescovi, siate più severi

Occorrono parole dure in una materia delicata quale è il bene comune.

I vescovi siciliani, nel corso della sessione autunnale della Conferenza Episcopale Siciliana appena conclusa, hanno messo nero su bianco alcune considerazioni in vista delle elezioni regionali del prossimo 5 novembre. Ecco due passaggi fondamentali: Nel primo, i prelati invitano gli elettori alla partecipazione democratica, temendo un forte astensionismo, “con particolare riguardo a un saggio discernimento personale e comunitario dei candidati e dei programmi”. Nel secondo, i pastori delle diocesi isolane chiedono ai candidati “un netto rifiuto delle varie forme di corruzione e di clientelismo, coerenza etica personale”.

Espressioni assolutamente importanti che rischiano, però, di apparire assolutamente insufficienti. Con tutto il rispetto, in una terra massacrata da decenni e decenni di malapolitica, malaffare, clientelismo, di connivenze e collusioni nei piani alti del potere con boss e gregari di Cosa Nostra, lo dicono sentenze definitive di condanna, l’esortazione dei vescovi sembra, al di là delle reali intenzioni, un paternalistico buffetto sulla guancia. Forse, eccellenze reverendissime, bisognerebbe essere più severi e pronunciare parole dure in una materia delicata quale è il bene comune quando quest’ultimo è ignorato o tradito. E’ di estrema rilevanza ricordare a credenti e non credenti – a costoro può servire da stimolo alla riflessione – che offrire il voto, o accettare di darlo, a personaggi ambigui magari in cambio di favori o denaro è un peccato grave.

Non è una pignoleria da moralisti rammentare agli elettori che scegliere i candidati per una convenienza personale, di gruppo o di lobby, e non sulla base di eticità, capacità e competenze, è un peccato grave. Non è esagerato ammonire che inconfessabili scelte compiute nel segreto della cabina elettorale penalizzano pesantemente il presente e il futuro di un’intera comunità, commettendo così un peccato grave. Alla stessa maniera, cari monsignori, è arrivato il momento di avvertire i potenti dei Palazzi che non basta frequentare la Santa Messa domenicale per tacitare o ripulire una coscienza sporca o sorda ai bisogni della gente; che assolvere con “disciplina e onore” al mandato parlamentare (art.54 Cost.) è un dovere sacro e che assentarsi ripetutamente dal proprio seggio, lavorare poco e male a fronte di laute indennità, è un peccato grave; che frequentare mafiosi, intascare tangenti o favorire amici e parenti a danno di chi merita o di ha diritto è peccato grave.

Cari vescovi, almeno voi non dovete lasciare scampo all’ipocrisia, alla strizzatina d’occhio, alle pacche sulle spalle o al falso battersi il petto, alla consolatoria assoluzione nel confessionale senza essere obbligati, al contempo, a un concreto risarcimento per il male arrecato ai cittadini perché cattivi elettori o cattivi politici. E non basta qualche Pater Noster. Per dare un messaggio, soprattutto, ai giovani costretti a emigrare, dimenticati dalla politica e da chi la rappresenta. Un altro peccato grave.

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