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La Sicilia rottamata da Renzi

Le scelte di Matteo Renzi sono di chiarissima lettura politica. La Sicilia non conta più niente. Ed è inutile lamentarsi.

 

Sottosegretari e poltrone
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La distribuzione dei pani e dei pesci del governo Renzi – ultimata con la nomina dei sottosegretari – ha un’unica e amarissima morale. La Sicilia è una terra politicamente irrilevante. In tempi di vacche grasse era fucina di consenso e idee. In altri tempi fu granaio berlusconiano, lembo centrale nell’epica forzista, premiato con posti di sottogoverno e prebende. Oggi, non più. Oggi, piaccia o non piaccia, siamo periferia, scoria dell’impero che ha l’epicentro a Firenze.

Il dato a prima vista non parrebbe poi tragico, forse soltanto drammatico. In fondo, Angelino Alfano è ministro dell’Interno. Giuseppe Castiglione e Simona Vicari hanno conservato la poltrona di sottosegretari, sotto la bandiera del Nuovo Centrodestra. Semmai è la lettura dei fatti a risultare sconfortante. Pagato l’obolo all’alleato Angelino, il premier Matteo non ha orientato quaggiù le sue deduzioni. Tanti si erano proposti. Di tanti si era chiacchierato, perché sembravano in rampa di lancio. Più o meno sotterranee rimbombano le urla dei delusi. Giuseppe Lumia, Luca Bianchi, assessore del governo Crocetta, giunto qui con la fama di economista doc e frustrato da implacabili impugnative, per spendere qualche nome tra i ‘papabili’. Tanti avevano puntato una moneta della loro carriera, guardando verso Palazzo Chigi. Sono a bocca asciutta.

Ed è doppiamente significativo che le scelte libere del premier appena insediato non abbiano tenuto conto della Sicilia. Doppiamente, appunto, perché l’esclusione suona come una duplice sconfessione: del Pd locale, con i suoi uomini e le sue aspirazioni, della Sicilia come elemento di ricchezza e di programmi. La morale è chiara: non c’è nulla qui che possa fare parte della nascente avventura. Non c’è nessuno che possa imbarcarsi nell’arca renziana col biglietto di prima classe. Non siamo più buoni, né come fucina, né come granaio. Non esprimiamo governi, classi dirigenti e indirizzi che abbiano l’appeal giusto. Sono comprensibili le bizze rancorose di chi è rimasto a piedi. Ancora meglio sarebbe capire con esattezza come e perché l’Isola sia stata più che messa ai margini: rottamata.


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