C’è un modo certo per approfondire la solitudine di Ludovico Corrao, in vita e in morte. La misura del crepaccio è data dalle parole dei politici che mostrano afflizione, piaghe nel palmo delle mani, fistole nel cuore, occhiali scuri per alleviare la trasfigurazione di troppi onorevoli volti stralunati e straziati dalla ferale notizia… Dichiarazioni alate, verbi di condolenza, aggettivi col sudario avvolto sull’ultima sillaba. Eppure, chissà perché, tutto richiama l’indifferenza di Nanni Moretti nel “Portaborse”. Quello de…”I poeti…”, sibilato con taglio sprezzante in faccia al professore. Quello che legge i libri a spizzichi e bocconi, per non sfigurare, perché non si sa mai: dovessi incontrare un Corrao alla tua tavola, una sera a cena, si rischierebbe l’incenerimento da citazione colta e sgarrata, da bagliore di fuoco azzurro negli occhi.
Per i politici la cultura ha la stessa risonanza dei “servitori dello Stato”. Vale da morta. Vale, cioè, se può trasformarsi nella moneta sonante della retorica. Ludovico Corrao, in vita era appena un vecchio, colmo di poesia. Una delle cose non di pessimo gusto che giacciono depositate agli angoli di questa terra. Da morto è un cadavere croccante su cui sputacchiare saliva e sensibilità a prezzo scontato. E’ uno specchio per la ruota del pavone. E’ il pretesto di una commozione di carta velina. Non c’entrano i nomi e i cognomi, né i rapporti intra-personali e intra-politici tra i vari “costoro” della nostra esperienza. E’ che basterebbe sottoporre i nostri rappresentanti del popolo a un test di sapienza generale per scoprirli massimamente ottusi e ignoranti. Del resto, in molte biografie, è gente che proviene dal sottoscala, con l’unica urgenza di strapparsi dalla pettorina il fango della traversata. Non c’era il tempo né di leggere, né di studiare nella contesa cannibale che li ha partoriti.
Anzi, potremmo certificare che un cuore illetterato è più utile alla carriera. Permette meglio lo svilupparsi di un sano cinismo divoratore. E il cuore resta illetterato anche se ha accarezzato centomila pagine e duecentomila prefazioni. Conta solo la parola che rimane dentro come un’eco. Conta l’avverbio che semina se stesso, per fiorire domani.
Ora, ogni sanguinaria offesa sapremmo inventare per la politica siciliana, fuorché accusarla di una sconveniente attitudine colta. L’intelligenza si misura con i soldi, il talento è contrattualizzabile. La creazione che resta isolata, fuori dall’appartenenza tra guelfi e ghibellini, semplicemente non esiste. La politica non capisce la cultura, perché non ne accetta la libertà assoluta, la pulizia che rifugge il compromesso.
Dunque, ci risuonano vuoti gli orpelli alla memoria. Come andare a trovare il caro estinto dopo anni di lontananza per non mancare nella foto di gruppo. Ludovico Corrao era un uomo fieramente solo, fosse pure in compagnia di cento parvenu da conferenza o da trattenimento. Era un vecchio bellissimo – raccontano – con gli occhi di Ulisse e una voce di sirena.