Non possiamo tollerare che dei bambini appena nati muoiano di freddo. Non dovremmo tollerare che bambini a qualsiasi età muoiano di fame, di malattie, sotto le bombe.
Ma sapere che dei neonati non riescono a superare le poche settimane di vita per il freddo e il gelo, in braccio a genitori disperati e impotenti, dovrebbe farci sentire umiliati e miseri, dovrebbe toglierci il sonno. Se si trattasse dei nostri figli? Dei nostri nipoti? Sta accadendo a Gaza.
Ma verso quale baratro sta correndo l’umanità? Chi non è più un ragazzino rammenta bene le volte in cui finalmente appariva plausibile una soluzione all’annoso conflitto tra israeliani e palestinesi.
Senza entrare nel complesso tema della nascita e dello sviluppo del sionismo (da Sion, nome della collina di Gerusalemme) per la riunificazione degli ebrei e la creazione di uno Stato ebraico nella Terra di Israele secondo alcuni testi biblici, abbiamo in mente la storica stretta di mano, nell’ambito degli accordi di Oslo del 13 settembre 1993, tra il premier israeliano Yitzhak Rabin, ucciso nel 1995 da un’estremista della destra radicale israeliana, e il presidente del l’Organizzazione di Liberazione della Palestina Yasser Arafat con la mediazione del presidente degli Stati Uniti Bill Clinton.
Prima, un’altra ‘storica’ stretta di mano tra il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il premier israeliano Menachem Begin, il 17 settembre 1978 a Camp David, sotto lo sguardo soddisfatto del presidente americano Jimmy Carter.
E poi, nel 1999, sembrò riaccendersi la luce di una pace duratura con l’elezione del premier israeliano laburista Ehud Barak. Clinton organizzò il vertice di Camp David sempre con Arafat. Purtroppo sappiamo che furono tentativi rivelatisi, per mille motivi che non possiamo qui elencare, vani, inconcludenti.
Lunga, complicata e controversa è la storia dell’impossibilità di creare due Stati liberi e indipendenti, Israele e Palestina, in pace e sicurezza, e nemmeno siamo in grado di prevedere quanto ancora durerà, seminando lutti e atroci sofferenze, una guerra insensata alimentata dall’odio, dagli insediamenti dei coloni ebrei nei territori occupati, da perverse ragioni pseudo religiose e da avidità territoriali.
Le numerose risoluzioni dell’Onu, sostanzialmente susseguitesi dal 1947 ad oggi, non sono ovviamente servite le pavide mediazioni europee per porre fine all’inutile strage, citando un’espressione usata da Papa Benedetto XV alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, di esseri umani divisi solo nominalmente tra ebrei e arabi.
E comunque Benjamin Netanyahu, l’attuale primo ministro israeliano, non è, ahinoi, né Yitzhak Rabin né l’ex presidente israeliano, Nobel per la Pace al pari di Rabin e Arafat, Shimon Peres. Chi adesso osa contestare la reazione di Israele all’attacco criminale di Hamas del 7 ottobre 2023 rischia l’accusa di antisemitismo, come se l’immensa tragedia dell’Olocausto possa giustificare le stragi di civili nella Striscia di Gaza o possa autorizzare Israele a compiere crimini di guerra ai limiti forse, sembra pensarlo Papa Francesco che chiede agli organismi internazionali di giustizia di indagare in proposito, del genocidio.
Allo stesso modo chi sventola la bandiera palestinese e ricorda decenni di soprusi subiti dai palestinesi, a causa dell’estremismo religioso degli ebrei ultra-ortodossi appoggiati dalle componenti politiche nazionaliste più conservatrici, rischia il sospetto di collateralismo con l’organizzazione terroristica di Hamas e con tutte le frange terroristiche che ovunque agiscano minacciano la sicurezza e il diritto di esistere dello Stato ebraico.
Non dimentichiamo che Hamas è un’organizzazione religiosa islamica paramilitare e politica considerata un gruppo terroristico da Israele e dall’Occidente. Il suo scopo è quello di costringere lo Stato ebraico a ritirarsi dai territori occupati nel 1967 e di costituire uno Stato islamico in tutta la Palestina storica con l’intento dichiarato di distruggere Israele che, invece, ha diritto all’esistenza e a non essere costantemente aggredito da terroristi e circondato da eserciti ostili.
Non avere la libertà di esprimere il proprio pensiero per evitare accuse di antisemitismo o di simpatie nei confronti dei terroristi non è accettabile, e neanche accettabile è l’inconsistente posizione dell’Unione Europea che fatica a definire una propria linea autonoma rispetto agli Stati Uniti troppo coinvolti in interessi di varia natura, economica e geopolitica, che impediscono agli inquilini della Casa Bianca di esercitare una energica pressione sul governo di Tel Aviv allo scopo di fermare il massacro della popolazione palestinese a Gaza e costringerlo a sedersi attorno al tavolo delle negoziazioni.
Intanto, uomini, donne e bambini muoiono. Intanto numerosi ostaggi innocenti nelle mani dei terroristi di Hamas sono stati uccisi o temono di essere uccisi in un qualunque momento. Verso quale profondo baratro stiamo correndo?