LICATA (AGRIGENTO) – E’ il giorno del silenzio e del lutto a Licata, dove questa mattina si sono celebrati i funerali, in forma privata così come disposto della questura di Agrigento, delle quattro vittime della strage consumatasi lo scorso 26 gennaio in contrada Safarello.
Il corteo funebre, accompagnato da una decina tra i parenti più stretti, è partito dal quartiere Oltreponte per fare capolino al cimitero comunale di Maranello dove i feretri di Diego Tardino, della moglie Alessandra e dei giovani figli Alessia e Vincenzo sono stati collocati in attesa della benedizione. Bocche cucite, tante lacrime e molto dolore. Nessuna cerimonia pubblica, nessuna folla a porgere l’ultimo saluto alle vittime e un imponente presenza di carabinieri, polizia e guardia di Finanza.
La questura di Agrigento, a conclusione del Comitato per l’ordine e la sicurezza presieduto dalla prefetta Maria Rita Cocciufa, ha vietato i funerali in forma solenne per motivi di ordine pubblico. Una decisione che gran parte della comunità licatese, ferita e sgomenta per il cruento fatto di sangue, ha faticato a comprendere fino in fondo.
L’arcivescovo di Agrigento, Alessandro Damiano, ha preferito glissare sull’argomento: “E’ stato deciso così, non so cosa dire di altro”. Alla fine della benedizione e tumulazione delle salme, celebrate proprio da mons. Damiano insieme a don Pino Agozzino, prete della parrocchia frequentata della famiglia Tardino, quella del capo della chiesa agrigentina è l’unica voce che si è levata in una giornata caratterizzata dal silenzio: “Abbiamo ricordato il battesimo, sacramento in cui nasciamo e moriamo con Cristo. Alessia, Vincenzo, Alessandra e Diego sono viventi in Cristo Signore ed è questa la nostra fede che va professata anche in momenti tragici e drammatici come questo. La condivisione del rosario con i familiari di Diego e Alessandra hanno un unico denominatore che è la preghiera”.