La terra promessa - Live Sicilia

La terra promessa

C'è un video che gira in rete e che ha dato un'immagine nuova della Sicilia valorosa, un'idea bella e profonda. Dietro il video, le storie e tanti motivi per nutrire fiducia.

La solidarietà e il video
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3 min di lettura

Si prova un sentimento risarcitorio di tenerezza, nel vedere i bagnanti di Pachino mentre aiutano i migranti sul barcone in difficoltà. Un’intera spiaggia che si riversa in acqua costruisce un’alternativa al senso cupo della Sicilia, come si tramanda e come si racconta. Noi siamo quelli della mafia, della corruzione, dell’ignavia e della viltà. Ma siamo pure quelli che mollano le infradito sul bagnasciuga, si precipitano tra le onde, in un giorno di mare mosso e di soccorso. E non che non ci sia da narrarla l’Isola peggiore. Tuttavia, spesso, disperdiamo le scintille del nostro stesso coraggio, perché siamo troppo abituati a bere la cicuta di una didascalica rassegnazione.

Il video che ha commosso tanti capovolge la geografia siciliana, nella sua proiezione interiore. Sì, ci sono deserti e montagne inaccessibili. Viviamo sotto un cielo di ombre. Però, basta spostarsi un po’ più in là per trovare questo mare che trabocca di persone. I benedetti viaggiatori del Ferragosto non hanno esitato un attimo. Hanno detto: ora tocca a me.

Ora tocca a me è frase straniera. I pericoli e la voglia di quiete in tempi inquieti consigliano pomeriggi di barricate individuali davanti alla tv o al pc. E se capita che qualcuno muoia annegato, alziamo le spalle, rivolgiamo un pensiero ai defunti, scriviamo sul quaderno di scuola con il distillato delle nostre commozioni superflue qualcosa sulla predicazione di Papa Francesco. L’obiettivo è la riconquista della poltrona, per assistere alla partita del Papa.

Ora tocca a me, la parola d’ordine silenziosa della spiaggia, apre squarci nella stoffa delle favole plastificate via facebook. Quel video ha spopolato in rete, non come mero esempio di costume voyeurista. Chi l’ha incontrato e l’ha assaporato si è sentito pervadere da una scossa autentica. Non era più la virtualità che abborda le cose materiali, le mastica ed essicca pezzi di storia, fino a rivenderli innocui sul bancone del suo marketing. Stavolta l’immagine trapassava la cortina dei “mi piace”, per sbarcare in posti dimenticati. Come vita vera è partita dagli scogli di Pachino, come tale è approdata ai nostri occhi. E noi, abituati alla pappina uniforme che ci accompagna da mattina a sera, ci siamo ritrovati alle prese con un gusto insolito. Da lì è scaturita la missione più complicata: elaborare la novità, spingerla dalle labbra alla lingua, dalla lingua al cuore, dal cuore a cervello e ritorno.

Mandarla in circolo, per accoglierla nel percorso inverso, fino alla parola. Siamo rimasti a lungo muti, da abitudinari del cibo globale. Quell’essenza ci ha sorpreso. C’è voluto del tempo per appropriarsene e riconoscerla sotto forma di evento umano. A qualcuno è riuscito il prodigio, ad altri no: potranno ritentare e ri-guardare.

Il miracolo che conta sta nel successo di chi ha saputo comprendere dell’accaduto. E perciò si è commosso davanti alle spalle nude dei soccorritori, osservando signore attempate che sorreggono altre donne, apprendendo una notizia della Sicilia sconosciuta, perché raramente emersa. Forse tali corrispondenze tra solidarietà e gesto si verificano ovunque, non solo qui.
Possiamo dunque annunciare la buona novella due volte. Come uomini. Come siciliani naufraghi che, al termine di una lunga nuotata, hanno finalmente raggiunto la terra promessa.

Ps. Il commento con cui il leghista Matteo Salvini ha chiosato l’elogio del presidente Napolitano ai soccorritori – a ragionare come la Lega – è un chiaro manifesto di inferiorità. Per fortuna, sopravvive ancora nel sentire dei terroni l’istinto di salvare chi annega, senza chiedersi perché.


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