La verità di Silvana Saguto | "Vi dico perché mi accusano" - Live Sicilia

La verità di Silvana Saguto | “Vi dico perché mi accusano”

Silvana Saguto

Nomine, complotti, accuse: intervista all'ex presidente delle Misure di prevenzione di Palermo.

PALERMO – È tornata in aula da imputata per difendersi dalla più infamante delle accuse. Quella di avere infangato la toga che le è stato vietato di indossare. Silvana Saguto è stata, infatti, radiata dalla magistratura. Non si scompone, però: “Le confesso che in aula mi sentivo stranamente tranquilla”. Il riferimento è all’aula bunker del Tribunale di Caltanissetta che la sta processando e dove ieri è apparsa per la prima volta accompagnata dai suoi legali, gli avvocati Ninni Reina, Antonio Sottosanti e Giuseppe Riina.

Strano davvero che non abbia provato alcun imbarazzo dopo che per tanti anni è stata stata seduta dall’altra parte, quella dei giudici.
“Ho abbandonato il mondo della giustizia. Non me ne importa più nulla. L’udienza è andata bene. Sono soddisfatta. Scimeca (Alessandro Scimeca, amministratore giudiziario e teste dell’accusa, ndr) ha chiarito varie cose sui nostri rapporti sempre improntati su cordialità e correttezza. Diciamo che ci sono state delle espressioni fraintese”.

A cosa si riferisce?
“Alle espressioni ‘cerchio magico’ o ‘sistema Saguto’. Scimeca ha chiarito che non ha mai usato queste parole se non per ripetere quanto detto in sede giornalistica”.

Il sistema Saguto, dunque, è solo un’invenzione giornalistica?
“Innanzitutto le nomine degli amministratori erano e sono collegiali. E poi mi dica qual è stato il sistema, quello di nominare persone che si stimano? Quando sono arrivata alle misure di prevenzione c’erano quindici amministratori, quando me ne sono andata erano diventati 115. Non era facile trovarli. Sono stati organizzati corsi patrocinati dalla Presidenza del Consiglio, dal Dems, dall’Università, perché non sapevamo dove trovare gli amministratori. E quelli che trovavamo subivano pesanti minacce. Se tutto questo è considerato il ‘sistema Saguto’ allora mi vanto di averlo introdotto, di avere tolto i parenti dei proposti dalle aziende sequestrate. E poi non era il Tribunale a proporre i sequestri”.

Però lei stessa, ed è stata intercettata, si diceva pentita di avere scelto dei “ragazzini”, delle persone non proprio preparate per gestire i beni. Insomma, non si pente delle sue scelte?
“Mai nominato nessuno da sola e comunque non c’è qualche nomina di cui mi pento. Anzi, a dire il vero qualcuna c’è. Alcuni amministratori li ho fatti revocare. Modica nella misura Cavallotti, Turchio non lo abbiamo rinnovato, con Collovà non mi trovavo. Stessa cosa con Miserendino (fa nomi di amministratori chiacchierati o addirittura finiti nei guai giudiziari, ndr). La storia farà giustizia di quella che è stata la gestione di una legge che qualche governo forse abolirà. Oggi non è così, finora tutti i governi si sono vantati della legge La Torre. Io mi sono limitata ad applicarla sempre”.

Però dalle indagini emergerebbe che non sempre è stato il merito il criterio applicato per la scelta degli amministratori. Le faccio un nome: Walter Virga, figlio di un suo collega.
“Virga lavorava con la fallimentare. Gli ho affidato tre negozi, potrei dire che si trattava di una banalità. Il collega Fabio Licata (altro giudice della sezione finito sotto inchiesta, ndr) decide di assegnargli il sequestro Rappa. Era un professore, un avvocato, a cui io ho affidato una piccola cosa. Si comporta bene e gli diamo un’altra amministrazione, ma io non ero il giudice delegato, non era una mia misura. Io Virga non lo conoscevo neppure, conoscevo invece i tanti colleghi da cui ho avuto segnalate milioni di persone”.

Giudici che segnalano gente da fare lavorare. Le pare una cosa corretta?
“Scusi, ma a chi avrei dovuto chiedere. Mi fidavo del giudice, mica del fruttivendolo per certe cose, con tutto il rispetto per i fruttivendoli. Ero contenta che un giudice mi segnalasse una persona. Mi mi arrivavano segnalazioni da tutti, dai prefetti, da Milano. Chiedevamo noi ai colleghi di segnalarci persone da nominare. Non sapevamo chi prendere. Persino dal Quirinale è stata segnalata gente bisognosa per farla lavorare. Santangelo (altro amministratore giudiziario sotto processo, ndr) mi è stato presentato dal professore Costantino Visconti, mi disse che era preparato, preciso. Ed era vero”.

Nessun favoritismo, neppure per Gaetano Cappellano Seminara?
“Lei scherza? Ha avuto meno incarichi di altri, gliene ho dati sei. Scimeca stesso definisce Cappellano un amministratore nazionale, aveva 35 dipendenti. Era il più bravo di tutti e lo confermo. Io l’ho trovato quando sono arrivata alla sezione. Mi ricordo che diede il parere negativo per la vendita di un bene del boss Bonura. Un altro boss, Rotolo, diceva che io avevo rovinato il suo amico”.

Però, secondo l’accusa, Cappellano le avrebbe pagato tangenti in contanti. I famosi soldi che le avrebbe portato una sera dentro un trolley?
“Parlano di 20 mila euro. Soldi mai trovati. Sarei miliardaria se avessi voluto. La verità è che i soldi non ci sono e lo dimostrerò nel processo”.

Dunque rifarebbe tutto?
“Rifarei tutto, forse anche molto di più. Sarei stata, però, molto più attenta nel nominare amministratori che lavorino da soli. Oggi creerei dei pool, ma noi avevamo difficoltà a trovare il singolo amministratore. Poi tutti facciamo degli errori, quando ce ne siamo accorti abbiamo cambiato. Eravamo una squadra e qualcuno ci ha perso pure la vita, come il figlio di Grimaldi (Gianluca Grimaldi fu ucciso a colpi di pistola nella cava Buttitta gestita da Cappellano Seminara. Era figlio del cancelliere delle Misure di prevenzione, Elio, ndr)

Lei ritiene che la morte di Grimaldi sia stata una una conseguenza del clima di tensione?
“C’è stata una delegittimazione. Nessuno si sarebbe sognato di sparare al figlio di Grimaldi. Per cautela processuale non l’ho potuto incontrare, neppure per fargli le condoglianze. Eravamo sovraesposti, io ho rischiato la vita, ma c’è chi l’ha persa”.

Nessun errore, dunque, nel suo operato?
“Fare lievitare il conto nel supermercato Sgroi (quello gestito da Scimeca, ndr) quello è stato un errore. Pagavo il conto dieci mila euro per volta. Mi dovevo curare io delle cose. È stata una leggerezza”.

E l’uso della scorta come un taxi, anche questa è stata una leggerezza?
“Era la scorta che non mi faceva uscire. Pensi che il questore per ragioni di sicurezza mi dava una macchina migliore di quella messa a disposizione dal Tribunale. Mi veniva detto di portare chi volevo sempre per ragioni di sicurezza. Ho perso la libertà a 35 anni. Mio figlio quando misero la zona rimozione sotto casa era contento perché non sarei salata in aria e ora sono stata portata al pubblico ludibrio dalla stampa senza avere mai potuto parlare per rispetto dei magistrati. Ora sono in Tribunale e finalmente parlerò”.

Intende ora che non è più magistrato. Al di là della valutazione dal punto di vista penale il suo operato è già stato giudicato in maniera negativa dai suoi stessi colleghi che l’hanno radiata
“Sono stata destituita senza essere mai stata sentita. Hanno deciso mentre mi operavo per un fibroma, ma non è stato ritenuto un legittimo impedimento. Se la mia vicenda arrivasse alla Corte europea destituirebbero tutti”.

Nessuno le impedisce di fare ricorso
“Infatti lo farò, non perché mi interessa rientrare in magistratura, ma per una questione di principio. Non ho subito una condanna, sono stati dati per scontati fatti ancora non provati e il procuratore generale si vanta che il mio sia il primo caso di destituzione immediata. Mi fa piacere per loro”.

Se, come lei sostiene, non ha commesso reati perché è finita sotto processo? Le vengono contestati decine di capi di imputazione.
“Potrei dire che sono vittima di un complotto”.

 Potrebbe dirlo o lo pensa davvero? E da parte di chi?
“Non saprei dire. Forse era il proposito di altri. La sezione è stata smantellata”.

I pubblici ministeri, i finanzieri, il giudice che l’ha rinviata a giudizio: hanno partecipato tutti al complotto ordito contro di lei? Non le pare eccessivo come scenario?
“Potrebbero non avere capito, anzi sicuramente non hanno capito. Sono state fatte molte illazioni sul mio conto. Avrei potuto immaginare che fosse la mafia a volermi fare fuori, ma non è andata così. Non ho trovato grandi prove contro di me e lo dimostrerò. Mi difenderò nel processo”.

Come fa ad avere ancora fiducia nella giustizia visto che ipotizza di essere stata vittima di un complotto ordito da qualcuno che l’ha fatta sotto il naso a magistrati e investigatori?
“Devo credere nella giustizia e negli organi super partes, i Tribunali. Io ho sempre creduto in tutti i Tribunali e continuerà a farlo”.

 


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