CATANIA – Il medagliere degli Anpi che apre il corteo è listato a lutto. Nel settantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo, Catania perde uno dei suoi partigiani: Antonio Mangano, nome di battaglia “Mitraglia”, ricordato durante il corteo a più riprese. Alla testa del corteo ci sono gli ultimi due partigiani etnei ancora in vita: Santino Serranò e Nicolò Di Salvo. Tocca a loro ricordare e spiegare cosa è stata la lotta di liberazione e passare il testimone alle giovani generazioni. “Mi rivolgo ai giovani perché un domani io non ci sarà più: commemorate il 25 aprile e fate la storia perché la storia siamo noi” dice Di Salvo con gli occhi gonfi di pianto. “Ricordate sempre i valori cardine della Resistenza: giustizia, lavoro e libertà”, dice Serranò. Il corteo partito da Piazza Stesicoro si è fermato davanti Palazzo degli Elefanti. Dentro il cortile del Palazzo del comune la presidentessa dell’Anpi, Santina Sconza, deposita una corona d’alloro ai piedi della lapide che ricorda i partigiani catanesi morti durante la Lotta di Liberazione.
Dopo il discorso dei due partigiani etnei, Sconza chiede al parlamentare Giovanni Burtone, figlio di partigiano, di “ribellarsi al governo Renzi” che sta stravolgendo il frutto di quelle lotte: La Costituzione. Una richiesta che mette in imbarazzo il parlamentare democratico che mette le mani avanti dicendo: “Io non sono qui in rappresentanza di un partito politico, sono qui perché qui mio padre ogni anno faceva il suo discorso”. “Mio padre diceva due cose: il 25 aprile è il giorno della memoria, quindi bisogna ricordare chi è morto per la libertà, e che il moto dei partigiani era patriottico perché volevano un’Italia più giusta; questa deve essere una festa condivisa”, aggiunge Burtone. Poi è la volta dell’assessore comunale Saro D’Agata (in rappresentanza della giunta insieme ad Angelo Villari e Orazio Licandro) che ricorda “i fratelli migranti, morti nel Mediterraneo” ai quali è dedicata la celebrazione. Negli stessi istanti i militanti di Arcigay commemorano le vittime omosessuali del nazifascismo che, su ordine del questore Alfonso Molina, furono arrestati e confinati alle isole Tremiti, deponendo un mazzo di fiori sotto l’”arvulu rossu” (antico ritrovo della popolazione lgbt negli anni trenta).
Il corteo riparte alla volta dell’abitazione dei partigiani Salvatore e Graziella Giuffrida in via Machiavelli, dove viene depositata una corone d’alloro. La sindacalista Pina Palella ricorda il contributo straordinario delle donne alla lotta di Liberazione. I partecipanti intonano le note di Bella Ciao. Il corteo prosegue per via Plebiscito e si scinde in due tronconi. In realtà la distanza tra i due spezzoni è aumentata dall’inizio della manifestazione. Del resto, le piattaforme politiche sono due e rappresentano i due spezzoni che hanno attraversato il centro cittadino. Da una parte ci sono l’Anpi, la Cgi, Sel, il Movimento Cinque Stelle, la Lila, il Gapa, Circolo di Rifondazione Olga Benario, il Circolo di Rifondazione Rosa L., La Ragnatela, La città felice, il Sunia, Azione civile, e il PMLI. Dall’altra Red Militant, il Comitato Popolare Experia, Rifondazione Comunista,, Catania Bene Comune, Partito Comunista dei Lavoratori, la rete Antirazzista catanese, il Comitato No Muos/No Sigonella, i Cobas scuola. Ci sono infine sigle che hanno firmato entrambe le piattaforme, come Arcigay, o ne hanno scritta una autonoma, come l’Arci. Il motivo de contendere è l’impossibilità per lo spezzone antagonista di condividere “spazi politici” con il Partito Democratico (presente al gran completo nel primo spezzone con il segretario provinciale e diversi deputati e militanti) e “con le forze che governano la città, la regione e il paese e che sono assolutamente incompatibili con i valori espressi dalla Resistenza”.
Il secondo spezzone conclude il corteo davanti al Centro Popolare Experia in Via Plebiscito, il primo prosegue fino a Piazza Dante per il comizio conclusivo. Parlano i partigiani e il segretario provinciale della Cgil, Giacomo Rota. Le conclusioni sono affidate alla Presidente dell’Anpi, Santina Sconza. Il suo pensiero va ai migranti e all’articolo dieci della Costituzione, uno dei meno ricordati, la presidentessa chiede a nome dell’Anpi l’apertura di un corridoi umanitario. Poi mette in guardia dalla xenofobia dilagante ricordando l’aberrazione delle leggi razziali ai tempi del nazifascismo. Guardando al mondo contemporaneo, Sconza mette in guardia dal renzismo (“siamo passati dalla padella alla brace”, dice facendo un excursus da Berlusconi in poi) che “disprezza i sindacati”. Poi un monito: “La Costituzione non si tocca”.