Lacerazioni, dimissioni e veleni |E’ caos nel Partito Democratico - Live Sicilia

Lacerazioni, dimissioni e veleni |E’ caos nel Partito Democratico

L’autosospensione di Spataro è soltanto la punta dell’iceberg di un logorio che va in scena da diversi anni.

CATANIA – L’ex segretario Luca Spataro si autosospende dalla direzione provinciale a due settimane dalle amministrative. Un altro tassello si aggiunge al puzzle che delinea la crisi del Partito Democratico etneo, vittima del fuoco incrociato delle varie anime e dell’immobilismo cronico del segretario Enzo Napoli. L’autosospensione di Spataro è soltanto la punta dell’iceberg di un logorio che va in scena da diversi anni. Liquidato in fretta e furia il capitolo primarie e messa in soffitta una qualsivoglia discussione complessiva, la macchina del partito si è lanciata nella mischia delle amministrative. Lo schema è ormai noto: “Uno vale uno”, si potrebbe ironicamente dire. Nel senso che ogni “tribù” (come scrive Spataro nella lettera indirizzata ai segretari Napoli e Raciti) appoggia un diverso candidato sindaco. Immancabile a ogni appuntamento elettorale la querelle sul simbolo, ormai una chimera, oggetto del contendere tra gruppi a sostegno di candidati diversi e poi riposto dentro un cassetto. Sulla mappa dei venti comuni al voto il simbolo del Pd è quasi scomparso. Un fatto che ha creato in Spataro “un profondo disagio politico nei confronti di un partito che non convoca gli organismi dirigenti, che si appresta al voto delle amministrative senza alcuna riflessione politica preparatoria, correndo in molti comuni senza simboli di partito e spesso con candidati contrapposti”. L’ex segretario, di comprovata fede berrettiana, lancia così un sasso nello stagno del partito, investito spesso e volentieri da prese di posizione atte ad aprire discussioni che poi puntualmente non avvengono.

L’analisi è spietata. “Non riesco a comprendere in quale sede sia maturata la scelta di non concedere il simbolo nel comune di Paternò, il perché in un altro importantissimo centro come Misterbianco il PD corra senza simbolo, stesso ragionamento vale per la città di Palagonia. Non riesco, inoltre, a comprendere come si possa considerare un fatto normale che nella quasi totalità dei comuni al voto dirigenti di rilievo del PD sostengano candidati sindaci contrapposti. In alcune città si arriva al paradosso di quattro candidati sindaci, sostenuti da altrettante ‘fazioni’ del PD, in alleanza con le più disparate forze dell’intero panorama politico italiano. Non siamo di fronte a casi isolati, ma ormai ad una patologia”, scrive l’ex segretario. Difficile, del resto, sembrerebbe discutere all’interno di un organismo che non si riunisce nemmeno in vista di importanti appuntamenti elettorali, ma tant’è. Il richiamo ai passaggi formali all’interno degli organismi dirigenti oggi non sembra più un argomento rilevante.

Di mediazione in mediazione si naviga a vista per evitare lo scontro diretto tra le diverse “tribù”. Sui territori, invece, si vede un po’ di tutto e si va ben oltre il macronismo o il patto del Nazareno. A Misterbianco, il primo cittadino dem Nino Di Guardo, sostenuto dal grosso delle componenti del partito, se la dovrà vedere con il suo ex vice sindaco, Marco Corsaro appoggiato dal gruppo che fa riferimento all’assessore regionale piddino Anthony Barbagallo. L’ex autonomista è al centro di una vicenda lacerante legata alle amministrative: il caso Paternò. Qui il sindaco uscente del Pd, Mauro Mangano, si ricandida con due liste a sostegno senza il simbolo del partito. A sostenerlo ci sono soltanto i berrettiani. Il circolo non si è riunito, come da statuto, né per confermare né per negare il sostegno all’uscente, scatenando non poche polemiche. Il segretario del circolo locale Filippo Sambataro si era, infatti, autosospeso per correre con una lista civica a sostegno dell’ex autonomista Nino Naso.  Sulla querelle è intervenuto via social anche il segretario Napoli. “In merito alle polemiche sollevate strumentalmente da taluni, circa la mancata presentazione di una lista col simbolo a Paternò e in altri comuni, ricordo che tale scelta è stata analogamente concordata con gli organi dirigenti locali, in tutte le occasioni in cui sono emerse divisioni e contrapposizioni significative sulle candidature alla carica di sindaco”, scrive. “Continuo a ritenere tale scelta – prosegue Napoli-  quella che meglio rappresenta il ruolo super partes e di garanzia, per tutte le aree interne al Partito, che il Segretario provinciale è chiamato a svolgere, nel tentativo di ricomporre con minor difficoltà, subito dopo le elezioni amministrative, le divisioni che non hanno consentito di pervenire a candidature unitarie e condivise”.

La patata bollente del circolo di Paternò sarà gestita d’ora in poi dal responsabile organizzazione provinciale Francesco Laudani.  Ma le parole di Napoli non sono piaciute all’uscente Mangano che ha subito replicato. “La posizione espressa dal segretario provinciale del Pd di Catania è la dimostrazione lampante di come il Pd nei fatti non sia più, nella nostra provincia, un partito”, scrive. “Non è un luogo in cui si discute dei temi che riguardano la società, un luogo di confronto e di scontro, se necessario, sulla Politica, ma soltanto un comitato di gestione di potere. Il potere della rappresentanza elettorale, della spartizione dei posti nelle liste e, laddove ci siano amministratori compiacenti, nelle amministrazioni locali”, attacca Mangano. Polemiche a parte, rimane il quadro frastagliato delle amministrative paternesi: il consigliere Alessandro Porto e l’assessore regionale Anthony Barbagallo sostengono l’ex autonomista Nino Naso insieme a Fratelli d’Italia. I deputati regionali Luca Sammartino e Valeria Sudano con una loro lista (Paternò 2.0) sostengono  apertamente Anthony Distefano, aiutato anche da Angelo Villari e Concetta Raia, all’interno di una coalizione che vede presente, con tanto di simbolo (loro sì), Forza Italia. Una situazione abbastanza aggrovigliata come quella di Palagonia. Qui le truppe si mescolano ulteriormente: c’è il candidato Gueli sostenuto dai crocettiani, Salvo Astuti in quota Barbagallo-Sammartino-Vullo e una pattuglia di palagonesi di area Demosì (Raia e Villari) e nelle liste di Valerio Marletta (che godrebbe anche del sostegno dei berrettiani). Anche nella roccaforte calatina del simbolo del Pd non c’è traccia. Insomma, per leggere per i risultati delle amministrative bisognerà inforcare le lenti delle correnti personali. Regionali permettendo, già all’indomani delle amministrative più di una componente potrebbe chiedere di convocare il congresso provinciale per sciogliere tutti i grovigli. Nonostante l’exploit delle primarie, il Pd non sembra godere di ottima salute e assomiglia tanto alla Casa delle Libertà, quella della celebre parodia di Corrado Guzzanti dove ognuno fa un “po’ quello che gli pare”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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