Magistrati spiati e verità "sepolte" | Palermo, si indaga sul nuovo corvo - Live Sicilia

Magistrati spiati e verità “sepolte” | Palermo, si indaga sul nuovo corvo

Il pm Nino Di Matteo

Lettera anonima al pm Nino Di Matteo che segue l'inchiesta sulla trattativa. Si parla di spie e dell'agenda rossa di Paolo Borsellino.

PALERMO – I magistrati che indagano sulla trattativa tra Stato-mafia sarebbero spiati da “uomini delle istituzioni”. L’inquietante rivelazione fa parte di un lungo scritto spedito da un anonimo al pubblico ministero Nino Di Matteo. La Procura di Palermo ha avviato delle indagini, affidandole agli agenti della Direzione investigativa antimafia. “Molti dettagli sono inediti. Si tratta di vedere se sono attendibili”, ha detto il procuratore Francesco Messineo.

La corposa nota anonima composta da una dozzina di cartelle, come anticipato da Livesicilia e da altri quotidiani a metà dicembre, è stata inviata quattro mesi fa a Di Matteo, uno dei pm dell’indagine sulla trattativa che fino a qualche mese fa ha lavorato nel pool di Antonio Ingroia. Nell’anonimo, che si dimostra molto informato, si fa riferimento proprio a quella inchiesta. L’incipit è “la trattativa c’è stata e c’è ancora”. Vengono poi espressi giudizi pesanti su alcuni magistrati della Procura. Si sostiene che in alcune “catacombe” dello Stato molte verità sarebbero “sepolte e ricoperte di cemento armato”, viene rivolto l’invito a fidarsi solo di Ingroia, che ha scelto di scendere in politico come leader del movimento politico “Rivoluzione civile”.

Sul contenuto dell’anonimo il quotidiano Repubblica fornisce adesso altri particolari. Ci sarebbe una cronistoria di avvenimenti mafiosi, dall’omicidio del segretario del Pci siciliano Pio La Torre alla mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nel 1995. Il “corvo” avvisa poi i magistrati che indagano sulla trattativa Stato-mafia che vengono raccolte nei loro confronti informazioni riservate poi riversate a una “centrale romana”. A partire dagli spostamenti degli uomini delle scorte. Nelle dodici cartelle della nota, divisa in venti punti e con lo stemma della Repubblica sul frontespizio, ricorrono pure nomi di “politici della prima Repubblica”, finora rimasti fuori dalle indagini, che avrebbero avuto una parte nella presunta trattativa.

Si dice infine che l’agenda rossa di Paolo Borsellino sarebbe stata presa da “un carabiniere”. Per quella sparizione era stato indagato e poi prosciolto il colonnello Giovanni Arcangioli, filmato in via D’Amelio mentre si allontanava dal teatro della strage con la borsa del magistrato in mano. Arcangioli ha sempre detto che nella borsa l’agenda non c’era. La precisione dei riferimenti fa ritenere che il nuovo “corvo” di Palermo sia probabilmente un uomo degli stessi apparati investigativi – un carabiniere forse, magari deluso per l’archiviazione di una sua indagine – e riferisca notizie tutte da verificare. Meno chiara la strategia seguita. Ma una lettura più precisa, avverte il procuratore Messineo, può venire da eventuali riscontri.

L’autore dell’anonimo, o gli autori visto che potrebbe essere stato scritto a più mani, dimostra di conoscere una serie di particolari che lo fanno collocare in ambienti istituzionali. Non è escluso che possa trattarsi di un personaggio che gravita negli ambienti dei servizi segreti. Nella nota si fa riferimento anche ad alcune indagini coordinate dal procuratore di Trapani Marcello Viola, anche lui destinatario nei mesi scorsi, come rivelato da Livesicilia, di una lettera anonima contenente pesanti minacce di morte. Si faceva riferimento “a qualcosa che sta arrivando per lei”. Una frase che riporta alla memoria l’esplosivo che Paolo Borsellino sapeva essere giunto in città per la strage di via D’Amelio.

Il corvo di Palermo e quello di Trapani in realtà potrebbero essere la stessa persona. Forse qualcuno che ha tutto l’interesse ad essere identificato per raccontare la sua verità sugli episodi ancora misteriosi della storia giudiziaria del nostro Paese. Oppure avrebbe come obiettivo quello di mettere sotto pressione i magistrati di Palermo. Su questo fronte bisogna registrare alcuni episodi inquietanti. Qualcuno si è introdotto nel pianerottolo dell’abitazione di Di Matteo e ha manomesso una cassetta elettrica. Un gesto dimostrativo. Sempre nello stesso palazzo, nei mesi scorsi, qualcuno si è arrampicato sulle impalcature montate per ristrutturare la facciata. Un tentativo di furto oppure anche quella fu un’azione dimostrativa?

Sulla vicenda sono state aperte due inchieste. Una a Palermo e l’altra a Caltanissetta. I magistrati nisseni coordinati da Sergio Lari si occuperanno delle rivelazioni che riguardano l’agenda rossa e la possibilità che i magistrati palermitani possano essere stati spiati.

 

 


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