Lamento per l'esclusione | di Mattia Cassani, terzino - Live Sicilia

Lamento per l’esclusione | di Mattia Cassani, terzino

Il rosanero non andrà ai Mondali
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Se fosse nato alle Galapagos nulla sarebbe mutato nel pentagramma di questo lamento. Avesse le zampette da tartaruga supersonica, al posto dei piedi, il giudizio sarebbe lo stesso. L’esclusione di Mattia Cassani dalla lista degli Azzurri in partenza per il Sudafrica è una porcata. Sì. Il gran capo Nuvola Bianca che muove i fili della nazionale italiana si vanta di essere schietto e diretto, secondo scienza e favella toscana. Bene, nemmeno noi siciliani siamo da meno, quando scostiamo dal corpo della sincerità i paludamenti della cortesia isolana. Una grandissima porcheria è, una schifezza. Una porcata.

E non stiamo riproducendo ragionamenti parziali secondo il rintocco del campanile. Non stiamo orientando il giudizio per garantirci empatia rosanero e facile consenso popolare. L’enormità della cacciata di Mattia dal Paradiso del Sudafrica è evidente. Ha fondamenta tecniche, che tutti vedono, ma che il commissario tecnico, detto Ct, detto Sigaro Tonante, ha preferito ignorare, tappandosi gli occhi con entrambe le mani e chiedendo aiuto, chessò, a un Camoranesi di turno per otturare eventuali minuscole fessure.

Non riproporremo il rovescio tattico-polemico di una decisione incomprensibile, non offenderemo il lettore raccontandogli cose che già sa. Raccontandogli, per esempio, del magnificio campionato di Mattia che si è innalzato ai massimi livelli del ruolo, almeno nei confini nostrani. Non diremo che è stato segato da campioni imbrocchiti tutti nome ed enfisema.

No, il punto è un altro. E’ un’esclusione che ferisce e allontana la Nazionale dai suoi supporter per la famosa questione morale. Se qualcuno non ricorda il termine applicato al calcio – ed è comprensibile che sia così – si lasci soccorrere dal vocabolario più vicino.
L’Italia pallonara dovrebbe essere lo specchio del meglio di tutti noi. Una bandiera carica di simboli con cui presentarsi al mondo. La faccia serena e onesta di Mattia ci sarebbe stata a puntino. Avrebbe narrato allo straniero la favola di un Paese allo sfascio che,  nel calcio, riesce ancora a trovare riscatto, a premiare i valori e i meritevoli che se ne fanno carico. La convocazione di Cassani sarebbe stata una medaglia sul petto dell’etica, della dolcezza, della correttezza. Un pennacchio sulla coppola di una Sicilia martoriata capace di sopravvivere e di dare l’ottimo di sè – col suo formidabile Palermo – in un luogo metaforico, governato dalle regole di un pallone che rotola.

Invece no. La lista degli Azzurri non salta oltre l’asticella del buono, non ci consegna il riflesso sportivo, la speranza di un’Italia mite e capace di fabbricare sogni come un tempo. E’ la fotocopia sputata dei giorni e dei fatti che scorrono e capitano nella realtà. E’ una squadra di commendatori panciuti e di vecchie ballerine, pervicacemente abbarbicati al potere.
Non si sogna quest’anno in Sudafrica. L’Italia di Lippi è come l’Italia di oggi, solo il peggio  minuto per minuto. Appena Totti ci hanno per fortuna risparmiato. Ma il resto del calice dovremo berlo fino all’ultima goccia.


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