Sprechi eliminati, costo del lavoro fra i più bassi in Italia, nessun debito con le banche e fornitori regolarmente pagati. L’Amia non ci sta e smentisce alcune indiscrezioni di stampa che la dipingono come un’azienda dalle spese eccessive, che costa di più e funziona peggio di altre cinque società simili sparse per l’Italia. Cifre e numeri contenuti nel piano aziendale consegnato oggi al commissario Luisa Latella (nella foto), che dovrebbe permettere al Comune di farsi un’idea chiara dello stato dell’arte prima di procedere all’adeguamento del contratto di servizio. Otto milioni in più, oltre i quattro che dovrebbero venire dall’Amap, per salvare l’azienda dal fallimento. Il piano, chiesto inutilmente da Cammarata negli scorsi mesi e arrivato solo adesso, era infatti una delle condizioni necessarie poste da Palazzo delle Aquile: nemmeno un euro in più, se prima non risulta tutto chiaro.
Così l’Amia ha diramato una sintesi del piano, con cui i commissari mettono nero su bianco che “gli sprechi del passato sono stati abbondantemente eliminati”, che “le perdite non derivano da inefficienze o esuberi strutturali, ma da costi per servizi richiesti e non pagati dai committenti e che i commissari affrontano con anticipi di cassa” (ovvero il Comune chiede cose in più senza prendersi la briga di pagarle) e che “i costi di gestione sono di gran lunga inferiori a quelli di qualsiasi altra realtà italiana di pari dimensioni”. Una difesa a tutto campo, che riguarda anche il rapporto commissionato alla società milanese Medhelan nel 2008. “In verità – si legge nella nota – nel rapporto è scritto chiaramente che a Palermo il costo era di 279 euro a tonnellata ed era comunque il più basso fra le città esaminate (316 euro a Napoli, 317 a Genova, 378 a Milano, 348 a Torino e 322 a Roma). Il costo di un dipendente per tonnellata era a Palermo di 192 euro (200 a Genova, 190 a Milano, 173 a Torino). E’ superfluo osservare come questi costi per Amia oggi siano abbondantemente ridotti”.
Oggi “a Palermo, per una popolazione residente di 686.722 abitanti e una produzione di 382.923 tonnellate annue, il costo del servizio è di 130,51 euro per abitante e di 234,05 euro a tonnellata; a livello nazionale il costo per città di pari dimensioni è di 153,94 euro per abitante e di 284,22 euro per tonnellata, mentre la media nazionale è di 163,14 euro per abitante e di 270,52 euro a tonnellata”. Riguardo alla Tarsu, i commissari sostengono che quella di Palermo (2,18 euro a metro quadro) sia la più bassa in Sicilia – “inferiore alla media nazionale (2,60 euro) ma anche a quella di Genova (2,44 euro), Bologna (2,48), Torino (2,59), Milano (2,62), Trieste (3,09), Perugia (3,47), Roma (3,54) e Napoli (4,21)” – e non mancano anche alcune stoccate nei confronti dell’ex sindaco Diego Cammarata: “La precedente gestione presentava un indebitamento verso le banche di 55 milioni, nei confronti dei fornitori i debiti erano di 62 milioni; i costi di produzione erano 179 milioni nel 2007 e 185 milioni nel 2008. Con i commissari non vi sono debiti con le banche e i fornitori sono ciclicamente pagati; i costi di produzione sono scesi a 136 milioni nel 2010 e a 131 milioni nel 2011. La perdita è scesa dai 30 milioni del 2007 ai 17 milioni del 2011”.
Per il 2012, l’Amia prevede la chiusura in pareggio del bilancio anche grazie alla diminuzione del costo del personale e delle spese di manutenzione, per ricambi e noleggi. Insomma, per i commissari il loro lavoro ha dato i frutti sperati e adesso toccherà alla Latella convincere il ministero a concedere il prepensionamento a 350 dipendenti, la riapertura di Bellolampo e la mobilità fra società del comune per salvare l’azienda dal crack.