PALERMO – C’era anche il presidente Crocetta, i primi di febbraio, appena otto mesi fa, a “benedire” la nascita nel nuovo gruppo all’Ars dei Democratici e riformisti. Allora, il nome di Riccardo Savona, e dei suoi presunti rapporti con l’imprenditore Nicastri erano noti da almeno due anni. Ma quel giorno, il governatore non chiese a Savona di uscire dalla sala stampa di Palazzo dei Normanni. Anzi, replicava stizzito a chi lo accusava di aver messo in moto, con l’aiuto determinante di Totò Cardinale un vero e proprio “mercato delle vacche”. Una campagna acquisti che non disdegnava alcun colore e alcuna provenienza, pur di riuscire a raggiungere un numero utile a poter parlare di maggioranza all’Ars. In quei giorni, al presidente, Savona non sembrava suscitare alcun fastidio. Nè lui, nè l’altro ex di Grande Sud approdato a Sala d’Ercole, Edy Tamajo. Ben vengano anche i miccicheiani, insomma.
Che poi, a pensarci bene, i rapporti tra Savona e Micciché non è che fossero così stretti. Il deputato regionale cacciato da Crocetta durante la convention dei Drs, infatti, è stato eletto tra le fila di Grande Sud quasi per caso. O meglio, per calcolo. Un problema di liste e di quorum, in vista delle elezioni regionali. Perché in occasione dell’ultima tornata, Savona era il patron-fondatore del Movimento popolare siciliano. L’Mps, appunto. Una vera e propria costola dell’Mpa di Lombardo, che correrà alle Regionali in liste “ibride” insieme a Fli.
Ex lombardiano (ed ex Udc) tra i più influenti, insomma, nella scorsa legislatura, durante la quale ha ricoperto con grande energia il ruolo di presidente dell’importante commissione Bilancio all’Ars, Savona ha scelto il salvacondotto di Grande Sud per tornare a Sala d’Ercole. Ma il fatto che si trattasse di un matrimonio di interesse si è compreso quasi subito, quando Savona, era la metà di gennaio, sceglie di lasciare il gruppo dei miccicheiani per poi confluire nel gruppo di Cardinale. Benedetto da Crocetta. Una forza politica che ha subito recitato il ruolo di gruppo fedelissimo al governo.
Savona, in queste settimane, ha più volte difeso il governatore. Anche in occasione dei recenti screzi con il Partito democratico. Anzi, fino a pochi minuti prima della plateale cacciata, diramava un comunicato stampa nel quale sottolineava il “rapporto leale e fattivo con il governo Crocetta. Siamo una forza moderata – ha dichiarato Savona – che vede nell’attuale esecutivo regionale un’opportunità per la crescita, per il cambiamento e per il riscatto”. Ma il capo dell’esecutivo regionale, proprio in quei minuti, stava pensando a tutt’altro.
Ma qualche segnale, a dire il vero, faceva presagire qualche problemino per il deputato. Il renziano Davide Faraone – all’area di Matteo Renzi sembra si sia fortemente avvicinato il presidente Crocetta – ha commentato sarcasticamente la scelta di piazzare Savona alla guida della commissione Spending review all’Ars (“hanno messo una volpe a guardia del pollaio” disse il parlamentare nazionale del Pd) dopo il polemico addio di Antonello Cracolici. E ancora, nella vicenda caldissima legata alle nomine del cda dell’Irsap, Savona fu uno dei deputati a votare contro quelle nomine. Da lì, la situazione è precipitata. Il presidente della commissione, che è anche un collega dei Drs, Marco Forzese è stato prima “sfiduciato” dagli altri commissari e infine esautorato. Oggi c’era anche lui quando Crocetta ha platealmente cacciato Savona dal congresso di un partito che non è, formalmente, del governatore. Nonostante la “benedizione” di otto mesi fa, che cadde anche sul capo di Savona. Oggi, quando Crocetta è salito sul palco dei Drs qualcosa è cambiato. Già. Solo in quel momento il presidente della Regione si è accorto che Savona era “indegno” a sostenere il governo della rivoluzione e della legalità.