Lampedusa è a mare | Ma noi non scherziamo - Live Sicilia

Lampedusa è a mare | Ma noi non scherziamo

I conti al collasso. L'approfondimento
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Scrisse Emily Dickinson: “Il prudente si arma di pistola e chiude a chiave la porta, scordandosi di un altro spettro che gli è più vicino”. Giustamente, ci dilaniamo nel dibattito sul migrante invasor. Non è un delicato tema di scuola, irradiato tra solidarismo ed egoismo. Si tratta di respiro che manca, di spazio che non c’è. A nessun uomo può essere chiesta una generosità che comporti il suo annullamento. Nel frattempo, accadono strane e inosservate cose dentro i confini del regno. E ci scordiamo dell’altro spettro, crudele, non visto.

Accade questo, per esempio. Un signore che si chiama Enzo Emanuale, e che di mestiere fa il ragioniere generale della Regione Siciliana, dichiara bel bello: “Il prossimo sarà un bilancio di tagli. Con questo bilancio la Sicilia potrà sopportare il regime di Federalismo fiscale per un paio d’anni, poi ci dovremo fermare: con le risorse attuali non si copre neppure la spesa corrente, e per gli investimenti possiamo solo attingere ai fondi extraregionali. La criticità più grossa è quella della sanità, con gli sprechi di questi anni potevamo costruirlo da soli il Ponte di Messina”. Somiglia tanto – lo scriviamo a orecchio – a una certificazione anticipata di guai grossi.

Eppure, nessuno muove un muscolo, al cospetto di forbici, lacrime e sangue. Le scene di panico sarebbero magari eccessive. Ma è fuori posto anche questa calma olimpica e marmorea. Siamo legittimamente concentrati sulla cascata dalle coste africane. Chissà se è un alibi della politica per non parlare di emigrazione, della trasfusione di cervelli, braccia, cuori e destini siciliani che lasciano la Trinacria ogni anno, in cerca di un domani qui precluso. Non partono barconi della speranza da Palermo alla volta del Nord opulento e ostile, comandato da Re Bossi con l’ausilio del suo dito medio. Il salasso è invisibile, comodo, sicuro. Impoverisce la Sicilia nell’omertà colpevole della sua classe dirigente.

Se poi uno pensa che questa raccogliticcia maggioranza di governo dovrebbe trovare un coraggio epocale e numeri parlamentari tali per sostenere riforme sanguinosamente necessarie, bé, viene voglia di confidare nella fine del mondo che dicono imminente. E che venga in fretta, prima dello scempio.
Il fantasma del disastro annunciato, intanto, è già qui. Non esiste politica siciliana senza clientela. Non si intravvede una virtù collettiva, all’orizzonte, per risanare il malato con la pillola dell’amarezza e del sacrificio. Si naviga a vista sotto la pressione difforme dei disperati che vorrebbero salire a bordo e dei delusi che cercano una scialuppa per abbandonare il Titanic. L’iceberg è ormai a un passo. E l’orchestrina suona.

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