L'angelo di Librino, Suor Lucia: |"Sogno un quartiere..." - Live Sicilia

L’angelo di Librino, Suor Lucia: |”Sogno un quartiere…”

E' conosciuta in tutta la città satellite, la "suora con le scarpe da tennis" che da anni lavora nel quartiere periferico di Catania. E che non rinuncia ai suoi desideri di vederne il riscatto.  "Io credo - scrive - che questo sogno si realizzerà".

lettera in redazione
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3 min di lettura

CATANIA – Da nove anni vivo nel quartiere di Librino, quartiere che ho abbracciato e che amo con tutto il cuore. Con l’aiuto del Signore, delle mie consorelle, dei volontari VIDES GINESTRA, di tante altre associazioni e di alcune persone del quartiere, tra cui i ragazzi che sono cresciuti in oratorio, ogni giorno portiamo avanti un progetto che pezzetto dopo pezzetto, difficoltà dopo difficoltà, riusciremo a realizzare. Ne siamo certi. Con le mie consorelle, in particolar modo, da 9 anni siamo impegnate nella crescita del quartiere. Un sogno, ci ha detto qualcuno. Ma nei sogni bisogna credere e adoperarsi affinché, con la volontà di Dio, si realizzino.

Mentre scrivo sono seduta sul terrazzo osservando dall’alto il meraviglioso ma incompleto quartiere di Librino. La fantasia mi viene in aiuto ed allora do spazio all’immaginazione. E’ una Librino con grandi palazzi colorati, armoniosi, svettanti ed abitati da cittadini che si aiutano reciprocamente. Vedo ascensori funzionanti che portano su e giù anche i disabili, gli anziani, le mamme gravide o con i loro pargoli in braccio. Al piano terra ci sono le vetrine dei negozi che mostrano merce invitante. Tanti spazi verdi tra un’abitazione e l’altra danno vita a grandi parchi dove i bambini/e, i ragazzi/e possono scorrazzare mentre gli adulti passeggiare o chiacchierare magari dinnanzi un buon caffè al chiosco. E poi c‘è chi fa sport in allegria. In lontananza vedo l’orto urbano bio frutto del sacrificio giornaliero dei tanti abitanti del quartiere.

La mia mente si ferma a pensare ai giovani che hanno conseguito almeno diploma, per riscattare le proprie origini e decidere di voler frequentare le scuole di secondo grado a pochi passi da casa. E poi, chissà, pensare di frequentare l’università. Sogno i teatri e le sale cinematografiche chiuse per raggiungimento di numero. Le pensiline delle fermate dei bus funzionali, pulite, dove chi attende, non più di 15 minuti il mezzo pubblico, può sedersi all’ombra d’estate e al riparo d’inverno.

Sogno i vigili urbani dinnanzi ad ogni scuola, le forze dell’ordine che svolgono un servizio preventivo o non repressivo, perché finalmente le unità sono sufficienti al fabbisogno del territorio. E ancora, intravedo tutti i palazzi ad oggi incompleti e abbandonati, finalmente completati, abitati, brulicanti di vita umana, di gioia. Sogno di vedere all’imbrunire persone che camminano per i viali di Librino senza temere che branchi di cani possano assalirli. Sogno di camminare lungo i viali e osservare la bellezza della natura e ammirare la pulizia delle strade e degli spazi verdi, perché finalmente noi cittadini abbiamo capito che la spazzatura va collocata nei dovuti contenitori e non per strada; camminare per strada e sentire il profumo dei fiori, dell’erba appena tagliata, e non l’odore delle fogne o delle discariche abusive.

Sogno le parrocchie, i centri, gli oratori strapieni perché sono tantissimi i volontari che dedicano il loro tempo libero a chi sta crescendo. Sogno l’ospedale San Marco già funzionante che raccoglie un ampio bacino di utenti in sinergia con l’intera provincia. E infine, non per importanza ma perché il lettore possa ricordarlo, sogno di ascoltare la gente che esprime felicità perché finalmente lavora con dignità e porta il necessario a casa senza dover compiere l’attività avvilente e mortificante di mendicare o compiere azioni illecite pur di sfamare la famiglia. Io credo che questo sogno si realizzerà.

Occorre mettere in pratica il messaggio di Papa Francesco: “La vera necessitas è la decisione della prossimità verso l’altro, non importa chi lui o lei sia; non dobbiamo avvicinarci all’altro perché è nel bisogno, ma l’altro deve essere reso prossimo in quanto uomo o donna, fratello o sorella in umanità. Nell’incontro poi conosceremo il suo eventuale bisogno: solo così si può fare un cammino che umanizza chi incontriamo e noi stessi. È la fraternità o la sonorità che ci stabilisce quali persone e soggetti, perché nessuno può diventare soggetto, può umanizzarsi, senza la relazione con gli altri.”


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