Ecco l’antimafia giocherellona che spande mezzi sorrisi per diventare testimonial di se stessa. Ecco come ha sostituito l’antica antimafia delle lacrime, sfruttando i filmini, i selfie e i social. Ecco il famoso Pif – un po’ simpaticissimo Forrest Gump, un po’ cavalleggero dell’impegno – che, a nomina presidenziale ancora calda, si immortala in video sulla lapide dedicata a Piersanti Mattarella, vittima di mafia e fratello di Sergio, nuovo Capo dello Stato. Un croccante, opportuno e antimafioso selfie col morto. Giocoso, un pizzico serioso. Subito dopo, il tweet trasmesso urbi et orbi per moltiplicare gesto e motto: “Caro dottor Mattarella, ho il sospetto che il prossimo 6 gennaio (anniversario del delitto) ci sarà un po’ più gente a ricordarla”.
Così si celebra il protagonismo di chi, partendo da un mezzo sorriso, è arrivato lassù, nel pantheon degli eroi; con quel breve video che è un espediente per cavalcare l’onda lunga dell’elezione presidenziale, una nuova puntata dei trucchi di scena che reggono le rendite dell’antimafia, sorridente o lacrimevole, poco importa.
Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, rappresenta in questo l’evoluzione bonaria – e in buonafede, perché ci crede davvero – dei Paf, acronimo dei professionisti dell’antimafia. Con l’allegra impalpabilità di un film sulla mafia che uccide solo d’estate, Pif ha reso commerciabili i miti cupi dei Paf, adattandoli ai mezzi contemporanei. Con la sua seriosissima impertinenza da studente del primo banco, da bravo ragazzo tutto zainetto e figurine, ha riverniciato il conformismo che è sempre uno strumento del potere.
Non ci sono idee dissonanti nella piffità, sarebbero d’intralcio al marketing. Al banco si vendono, piuttosto, le merendine della speranza. Cosuzze di plastica da sbocconcellare, durante le ricreazioni della mente. Sorrisini apparentemente innocui che conducono, con l’innocenza della goliardata, direttamente nel cuore del potere, ai piedi del trono.
Ha, infatti, i paramenti regali del potere la rottamazione renziana di cui il simpatico Forrest Gump palermitano è oggettivamente cantore. Non solo per la partecipazione da star alla Leopolda; soprattutto per le esibizioni in tinta, per i selfie da dettagliante dell’ottimismo che gli hanno schiuso la corte del renzismo. Di onda lunga, in onda lunga, Pierfrancesco, in arte Pif, si è issato in cima al prodigio di un contratto con la Tim, per essere ciò che gli riesce meglio e che gli viene chiesto: il ritornello dell’ovvio.
Ha, infatti, l’abito logoro del potere la nuova antimafia giocherellona di regime che ha ridotto la Sicilia in macchietta, terra dove si spara e si ammazza quasi per finta, per sciogliere la pena nella resurrezione di una battuta. Nascosti nel ripostiglio furono i coccodrilli con le loro lacrime, eppure lo schema non è cambiato, Pif o Paf che sia. Né è cambiato l’allungo di chi cerca a un posto al sole, cavalcando la tempesta del martirio altrui.
Così si è celebrato pure il selfie col morto sulla tomba cittadina di un galantuomo. Chi filma è sempre il testimonial di se stesso. E la vittima ha il ruolo di comparsa.
Guarda il video sulla pagina di Pif