L'assessore a sua insaputa... - Live Sicilia

L’assessore a sua insaputa…

L'assessore Venturi attacca frontalmente Raffaele Lombardo. Sorge spontanea la domanda: prima era prigioniero e non si è accorto di nulla?

PALERMO- Una buona notizia per amici e parenti. L’assessore (ex) Marco Venturi è riuscito a liberarsi dal regime di feroce detenzione in cui era costretto, in una prigione del popolo autonomista di stretto rito lombardiano. Sono stati anni di inenarrabile patimento. Il povero Venturi è stato costretto a dare ripetizioni di mitologia ittica al candidato Toti Lombardo, da qui la felicissima metafora del pescespada. Come punizione ulteriore gli sono state inflitte quotidianamente le allegre barzellette di Giosuè Marino. Mentre, per ogni esigenza sanitaria, il malcapitato è stato assistito in uno degli ospedali pubblici riformati da Massimo Russo. Stranamente, nonostante l’ottimo livello di cure, ai più è apparso pallido, emaciato e malmesso. Al suo posto, il diabolico Raffaele di Grammichele ha usato, ovviamente, un sosia.

Una volta evaso, Marco Venturi si è precipitato sul primo microfono disponibile e ha reso pan per focaccia al suo carnefice. L’epiteto più gentile nei confronti del governatore è stato, stringi stringi, “favoreggiatore della mafia”. Si può capire, passi per Toti e Massimo Russo, ma le battute di Marino, neanche a Guantanamo…

Questa è l’interpretazione più accettabile della storia sotto gli occhi di tutti. Perché poi ci sarebbe un’altra ricostruzione. Dovremmo scrivere di un assessore che è stato pappa e ciccia con un sistema di governo sciagurato. Ha minacciato le dimissioni più volte – già nel 2010, carta canta -, senza avere mai il coraggio di darle. Dovremmo raccontare la vicenda di un uomo che godeva della stima di molti, stretto in una vischiosa rete di intrallazzi e clientele altrui, a sua insaputa. Mai davvero capace di recidere il nodo intricato di una colpevole coabitazione con un gesto di resipiscenza. Che arriva adesso, per mezzo di un tardivo e acido commiato.

Troppo facile abbandonare la corte di un sovrano cattivo nel giorno della Bastiglia. Dunque, tutto sommato, preferiamo aggrapparci alla favola della prigionia e del sosia. In Sicilia, la dignità è un’opera di fantasia.


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