CATANIA. Una difesa d’ufficio. A trecentosessanta gradi. Il sottosegretario Giuseppe Castiglione di scena senza alcun colpo di scena (perdonate il gioco di parole), all’audizione della commissione parlamentare d’inchiesta sull’accoglienza, identificazione e trattamento dei migranti. Il punto centrale della questione è, ovviamente, quello del Cara di Mineo.
“La mia gestione è stata cristallina e trasparente con il coinvolgimento pieno di tutte le forze di polizia – ha tuonato il sottosegretario -. Per questo non ritengo opportune le mie dimissioni: in tutte le intercettazioni di cui si parla non c’è nessuno che dice “Castiglione ci ha chiesto questo” o “Castiglione ha fatto qualcosa che va censurato”. Ecco perché rimango deluso, quando dopo il voto di ieri leggere twitter dove sta scritto “Ha vinto la mafia”: altro discorso se dovessi avvertire di non avere l’autorevolezza morale che in politica occorre avere”.
Ed ancora: “Ho subito un processo mediatico senza che sia mai stata contestata una condotta specifica: una condotta illecita. Quando nel luglio del 2011 si presentò l’emergenza abbiamo fatto una ricognizione dei Comuni, dei residence, di opere pie che è agli atti della Prefettura di Catania. Questo per dire che non c’è alcun atto da parte mia che indica il Residence degli aranci come luogo dell’emergenza dove ospitare i migranti”.
I componenti della commissione hanno ascoltato: poi, gli interventi. Capitolo Odevaine: “L’averlo nominato mi era sembrato come designare una persona autorevole e la migliore da impiegare sul campo. Io ero presidente dell’Unione delle province italiane e d’accordo con il mio vice, il presidente Zingaretti, avevamo nominato il comandante della polizia provinciale di Roma la cui professionalità era indubbia: la migliore che potesse curare i rapporti tra il Cara di Mineo ed il Ministero”.