CATANIA – “Crescenzo Castiello mi disse che avrebbe parlato con il presidente del consiglio comunale di Catania, tale Giuseppe Castiglione, persona che egli conosceva molto bene. Dopo un po’ Castiello mi disse che Castiglione gli aveva garantito la fattibilità dell’operazione e ne parlai con Nicola Ferraro”.
Sono le parole di Domenico Romano, pentito della Camorra che ha svelato ai magistrati della Procura di Napoli le presunte relazioni pericolose dietro il settore dei rifiuti. Fin da subito, ha messo nero su bianco due nomi che scottano, il primo è quello dell’allora presidente del consiglio comunale Giuseppe Castiglione, arrestato a febbraio quando era deputato regionale del Mpa; il secondo è quello di Nicola Ferraro, ritenuto elemento di spicco del clan napoletano diretto da Michele Zagaria.
Sullo sfondo ci sarebbe un ‘patto’ tra i Santapaola e i Casalesi per la gara dei rifiuti solidi urbani del Comune di Catania.
Gli inquirenti parlano di un vero e proprio ‘sistema’, che vedrebbe coinvolti imprenditori fidati di Ferraro, in grado di tessere relazioni importanti anche con il mondo politico. Gli atti su Castiglione sono stati trasferiti, per competenza, a Catania, ma il suo legale di fiducia, Carmelo Pace, non ha dubbi: “È estraneo alle accuse”.
Rifiuti, i verbali e le accuse
Il pentito della Camorra Domenico Romano fa nomi e cognomi partendo dal ruolo di Ferraro, che secondo gli inquirenti, dopo la condanna per concorso esterno nel 2010, avrebbe accresciuto “notevolmente la sua caratura mafiosa divenendo partecipe del clan, nel gruppo Schiavone, con il ruolo di stabile referente nel settore degli appalti inerenti la raccolta dei rifiuti solidi urbani e la sanificazione ospedaliera”.
Il collaboratore racconta che il primo nome proposto da Ferraro “fu un tal Ciummo,
imprenditore della raccolta rifiuti, il quale era disponibile ed interessato a vincere un grosso appalto indetto dal comune di Catania”. Si tratta di un appalto da quasi 80 milioni di euro, aggiunge il pentito “e Nicola Ferraro mi chiese se potessi io introdurre Ciummo a Catania per facilitarlo nell’aggiudicazione”.
Romano si sarebbe “attivato” con un vecchio “amico”, Crescenzo Castiello “il quale possiede delle ottime entrature in terra siciliana. Lo chiamai – dice il collaboratore – per chiedergli di informarsi a Catania, presso alcuni suoi referenti politici, sulla possibilità che Ciummo partecipasse con possibilità di vincita”.
L’impegno
A questo punto Castiello si sarebbe impegnato a parlare “con il presidente del consiglio comunale di Catania Giuseppe Castiglione”, che a sua volta avrebbe “garantito la fattibilità dell’operazione”.
Il collaboratore parla anche della gara d’appalto catanese e delle due ditte partecipanti, la Ecocar di Marcianise e l’impresa dei Ciummo, la Supereco Srl: “Devo dire – sottolinea – che l’aggiudicazione avvenne senza che noi ci interessassimo”. Tanto che Ciummo si sarebbe rifiutato inizialmente di pagare la percentuale al clan.
L’incontro
Per convincere del contrario l’imprenditore, Domenico Romano avrebbe chiesto a Castiello di “procurare un incontro tra Castiglione e Ciummo, in modo da far credere a quest’ultimo che l’aggiudicazione era avvenuta grazie ai buoni uffici corruttivi di Castiglione. L’incontro effettivamente si tenne a Catania nel 2021 – racconta il pentito – e da esso Ciummo ritornò con la convinzione che la sua aggiudicazione fosse stata determinata da noi per il tramite di Castiglione e pertanto cominciò a corrispondere mensilmente la somma di denaro di 10 mila euro mensili che io e Nicola Ferraro dividevamo in parti uguali”.
Le verifiche dei Pm
I magistrati napoletani mettono in dubbio il racconto del collaboratore ed effettuano verifiche sulla gara e sul presunto incontro, chiedendo anche quali garanzie avesse ricevuto Ciummo, per arrivare a corrispondere 10 mila euro al mese al clan.
Il pentito, per rispondere agli inquirenti, svela che Nicola Ferraro avrebbe conociuto, nel carcere di Tolmezzo un “noto boss di cosa nostra catanese, il quale gli aveva promesso, grazie all’amicizia stretta con lui in carcere, di poterlo aiutare sul territorio catanese, nel caso in cui ne avesse avuto bisogno”.
Ciummo sarebbe stato “introdotto a Catania da Nicola Ferraro grazie a questa sua amicizia con questo boss catanese”. In cambio i soldi sarebbero andati alla mafia. E quale sarebbe stato il ruolo di Castiglione? “Da quello che mi disse Crescenzo Castiello – dichiara Romano – il ruolo di Castiglione era di effettivo interessamento nella vicenda a favore di Ciummo, ma mai in cambio di soldi, bensì di assunzioni di lavoratori presso dal Dussman”.
I riscontri
I magistrati sostengono che le dichiarazioni del pentito “hanno ricevuto importanti riscontri esterni a conferma della veridicità del racconto”.
I carabinieri hanno accertato che la SuperEco si è effettivamente aggiudicata il Lotto Catania Nord dell’appalto dei rifiuti del valore di 76 milioni di euro, ma non solo.
Dalle indagini emerge che, effettivamente, Ferraro ha trascorso la detenzione a Tolmezzo con il boss Francesco Santapaola, figlio di Salvatore, il cugino dello storico capomafia Nitto.
Non un nome qualunque per la procura di Catania, nelle intercettazioni del tour elettorale di Castiglione per le regionali, ci sono i presunti favori chiesti da Crissel Viscuso, la moglie di Santapaola, al politico e i dialoghi col cugino della signora, Domenico Colombo, ritenuto affiliato al clan.
La chat di Castiglione con Romano
La procura ha cercato riscontri ad eventuali “ricompense” per Castiglione da parte degli imprenditori, documentando “contatti diretti” tra Domenico Romano e Castiglione, ma non solo.
Poche settimane dopo l’aggiudicazione dell’appalto i carabinieri annotano “scambi di messaggi che riguardavano sostanzialmente delle persone che risultavano poi essere state assunte nella società dei Ciummo, oppure nella Dussmann, società rispetto alla quale Romano aveva legami grazie a Paolo Onofrio”.
Gli atti della Procura di Catania
I magistrati etnei hanno intercettato, prima dell’aggiudicazione dell’appalto dei rifiuti, Castiglione che parla con i Ciummo delle esigenze “logistiche” della società e delle “persone da assumere”. E documentano anche l’incontro al bar ST Moritz di Catania tra Castiglione e l’imprenditore e alcuni messaggi sospetti, come quello dell’allora presidente del consiglio comunale, che avrebbe avvisato Ciummo “di cifre che ineriscono il procedimento relativo alla gara”, e il ‘ringraziamento’ dell’imprenditore: “Ah bene, lo dobbiamo riscontrare un attimino con…quelli che erano gli atti di gara ovviamente”.
Castiglione e Ciummo discutono anche dell’area in cui parcheggiare i mezzi dell’impresa. Nel mese di ottobre del 2021 c’è un nuovo incontro e il politico parla con gli imprenditori delle assunzioni, “colpisce – scrivono i magistrati – che Vittorio Ciummo risponda dicendo che nella società Supereco Srl egli non dovrà mai figurare, a causa dei suoi trascorsi giudiziari”.
I magistrati Napoletani analizzano anche gli altri riscontri della procura di Catania sui presunti rapporti tra Castiglione e gli esponenti del clan Santapaola. I Pm annotano le somme di denaro che sarebbero state consegnate dalla moglie di Santapaola al cugino che, a sua volta, le avrebbe date al politico.
Castiglione sarebbe in “debito morale verso i creditori” e avrebbe “un legame molto forte con il clan stesso”. E poi c’è la raccolta del consenso elettorale, tra relazioni pericolose e presunte promesse. La palla passa alla procura di Catania.
La replica
Giuseppe Castiglione, tramite il suo legale, l’avvocato Salvatore Pace, “ribadisce la propria totale estraneità alla vicenda” e “l’assoluta fiducia nella magistratura”.
“Non si è mai interessato dell’appalto in questione né, del resto – aggiunge il penalista -. Il suo ruolo, all’epoca dei fatti, gli consentiva di intervenire in alcun modo nella procedura per l’espletamento della gara per l’aggiudicazione dei tre lotti dell’appalto per la raccolta dei rifiuti a Catania“. Il deputato regionale, tramite il suo difensore, conferma di avere “incontrato in un’occasione Ciummo. Non ricorda presentatogli da chi”, ma “l’imprenditore non gli fece nessuna richiesta particolare di interessamento. Né Castiglione gli promise alcunché, né chiese, nell’occasione, di avere riservati posti di lavoro”. E, “men che meno, ebbe pressioni o comunque venne indotto a interessarsi dell’appalto in questione da esponenti del clan Santapaola”.

