Le case per i rom | e il fuoco della rabbia - Live Sicilia

Le case per i rom | e il fuoco della rabbia

L'incendio della rabbia sociale tra capipopolo e risposte mancate.

Il commento
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Il pasticciaccio brutto dell’assegnazione degli alloggi ai rom del campo nomadi di Palermo racconta bene il buio dei tempi che vive oggi, nell’anno 2018, l’Italia della rabbia e dell’intolleranza. Ma volendosi sforzare un po’, la storia palermitana può essere utile, per chi avesse intenzione di guardare più in là del proprio naso, a comprendere l’humus nel quale quella rabbia e quell’intolleranza, innaffiata da disinvolti capipopolo, hanno attecchito. Un humus fatto di risposte non date, di inefficacia della politica, di ingiustizia sociale e di tolleranza dell’illegalità.

È una storia con tanti torti quella che le cronache palermitane di queste ore ci consegnano. La furiosa reazione all’assegnazione di un alloggio alle famiglie sgomberate dal campo rom, un problema annoso a cui finalmente si sta cercando di dare una soluzione, è stata cavalcata dai masanielli di turno, sull’onda di quel “prima gli italiani” che mai come in questo caso rivela tutta la sua pelosa ipocrisia. Lo slogan, che a volte rischia di avvolgere di un velo di presunta presentabilità beceri sentimenti di razzismo, male si presta quando si parla della comunità rom, che per una parte molto consistente è composta da cittadini italiani, di etnia romani. Italiani marchiati da un antico pregiudizio, quello che da secoli condanna gli “zingari”, e che accompagnò decine di migliaia di loro fino ai campi di sterminio nazisti.

Ma la guerra dei poveri è ormai avviata. Alimentata da quanti soffiano sul fuoco cercando consensi. “La dismissione del campo Rom non toglierà diritti né risorse destinate alle esigenze sociali complessive della città”, hanno cercato di spiegare, inascoltati, quelli di Sinistra Comune. Troppo tardi, ormai, il fuoco della rabbia divampava già, avvolgendo nel suo fumo ogni speranza di ragionamento.

Eppure, stigmatizzare quel fuoco e smascherare il gioco disinvolto degli arruffapopolo non basta. Sarebbe un errore limitarsi a quello. Che è poi l’errore della politica “tradizionale”, che in Italia si è fatta tragicamente travolgere dal populismo da social network. La vicenda palermitana racconta anche questo. La rivolta anti-rom, tanto più nelle coloriture più grevi, non si giustifica. Ma se la si vuole contrastare non si può fare a meno di indagare sulle ragioni che hanno permesso a quel fuoco di attecchire. E quelle ragioni non si annidano solo nella propaganda xenofoba. Ma affondano nel fallimento della politica. Nell’incapacità di dare risposte a problemi veri e tragici. Quel fallimento che fa la fortuna di ogni populista.

Il fenomeno dei senza casa a Palermo ha assunto negli anni dimensioni paurose, con centinaia di famiglie ridotte a vivere in condizioni inenarrabili nell’attesa di ricevere un tetto. Far finta di ignorare come tutto questo abbia alimentato negli anni la frustrazione e la rabbia che esplodono in questi giorni contro il bersaglio sbagliato è ipocrita. Tanto quanto fare spallucce di fronte al malessere di chi abita pezzi di città dimenticati. Così come lascia per lo meno spiazzati il rigurgito di legalismo ostentato dall’amministrazione, che fa la voce grossa contro chi si mette di traverso, minacciando interventi “affinché siano individuati e sanzionati – ha detto Leoluca Orlando – coloro che compiono o favoriscono atti violenti ed illegali che potrebbero impedire l’attuazione di un provvedimento disposto dalla Magistratura”. Sarebbe un inedito pugno duro contro l’occupazione abusiva degli immobili, che in questa città è stata un fenomeno diffuso e quasi tollerato. Basti pensare al fatto che solo tre mesi fa l’Ars votò nella finanziaria una maxi-sanatoria per 3.700 famiglie palermitane che avevano occupato abusivamente case popolari (scavalcando così quanti ne avevano diritto prima di loro). Quel giorno lo stesso sindaco di Palermo che oggi fa la voce grossa contro chi si mette di traverso alla legittima assegnazione degli alloggi ai rom, esultò con un comunicato in cui rivendicava la paternità morale della sanatoria definita “un risultato storico sul piano politico e sul piano amministrativo ed istituzionale”. Quasi come a dire che tutti gli abusivi sono uguali ma alcuni sono più abusivi degli altri. Se quel fuoco di rabbia e intolleranza si vuole cercare di spegnere, sarà bene privarlo al più presto dei ceppi dell’incoerenza.

E a proposito, un’ultima nota a margine: chi ha gestito nelle città siciliane l’occupazione abusiva di massa degli alloggi popolari, o per lo meno ci ha lucrato su? Denunce e indagini parlamentari hanno più volte raccontato del ruolo centrale della criminalità organizzata nel business. Nel silenzio generale. E senza furiose rivolte di piazza.


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