Le foreste urbane favoriscono l’assorbimento di carbonio, migliorano la qualità dell’aria e dell’acqua, riducono i rischi per la salute e gli eventi climatici estremi; innalzano, come tutti dovremmo sapere, gli standard della vita cittadina.
Quello che invece non è noto, è come non sia facile, sotto il profilo meramente economico, stimare i servizi ecosistemici, spesso omessi dalle politiche climatiche a causa della difficoltà di attribuire un valore monetario alle infrastrutture verdi urbane, nonostante le prove dettagliate dei benefici che offrono.
Città cool e città calde
Uno studio recentissimo, “Cool cities: The value of urban trees” degli economisti Han,
Heblich, Timmins e Zylberberg (il termine cool è usato nel doppio senso di fresco e al passo coi
tempi), dimostra come molte città, a causa di fattori globali come il cambiamento climatico e
l’inquinamento atmosferico, e di fattori locali come l’uso del suolo e la densità della
popolazione, sono più calde, e si riscaldano più velocemente, rispetto agli hinterland rurali.
Effetto isole di calore
Un fattore che aiuta a mitigare questo fenomeno, noto come “effetto isola di calore”, è la
silvicoltura urbana. Obiettivo della ricerca è stato quantificare il valore non solo ecologico, ma
anche economico, delle foreste urbane, stabilendo un legame causale tra la quantità numerica di
alberi e i prezzi delle case.
Più alberi più valore
I risultati dimostrano che un albero in più, all’interno di un’area definita in base al codice postale, aumenta in zona i prezzi degli immobili dallo 0,45%; fino all’1%.
In secondo luogo, un indicatore composito è rappresentato dal valore edonico degli alberi, rispondente al bisogno umano di provare emozioni gradevoli, combinato con i loro effetti sui servizi ecosistemici, principalmente su tre aspetti: temperatura urbana e potenziale di raffreddamento, riduzione dell’inquinamento atmosferico e, in particolare, del consumo energetico.
Ondate di calore
Le ondate di calore, difatti, innescano picchi di consumo energetico, che risultano mitigati nei quartieri con una generosa copertura arborea. Per attribuire un valore monetario al ruolo degli alberi nell’alleviare gli effetti dell’isola di calore urbana, basterebbe già considerare il sostanziale risparmio energetico che essi permettono, che supera i costi annuali di manutenzione per albero.
Infine, appare chiaro che le città o i quartieri con infrastrutture verdi limitate spesso sono aree economicamente svantaggiate. Ne deriva che gli interventi politici diretti a tali località hanno il potenziale per affrontare non solo le sfide di coordinamento del verde pubblico, ma anche per generare significativi effetti redistributivi.
La difesa del verde cittadino
Nel nostro Paese si registrano da tempo, specialmente nelle grandi città, movimenti dal basso a difesa del verde cittadino. Solo a Roma, operano circa 40 comitati spontanei e piccole associazioni che si battono per tutelare, in particolare, i pini che simboleggiano iconicamente la capitale; a Milano, le associazioni per la tutela del verde sono più di una ventina.
Sicilia, tra verde e cemento
Cosa accade in Sicilia? Vi è uno squilibrio fra verde e cemento. Catania, Palermo e Messina sono tra le città più inquinate d’Italia a causa dell’intenso per traffico veicolare; riguardo al verde urbano, se Catania ha un 29% dell’area urbana coperta da verde, Palermo solo il 22%.
Diversi i dati relativi al territorio messinese. Se in prossimità di Messina città, e nelle zone nebroidee, la copertura arborea si attesta tra il 20 e il 40 per cento; il resto del territorio vanta in alcune zone una presenza di verde tra il 40 e il 60 per cento, e in altre raggiunge l’80%.
In buona sostanza, il 45 per cento della città metropolitana è a verde. Sarebbe stato importante utilizzare i fondi Pnrr per la realizzazione delle “foreste urbane”. Il Ministero dell’Ambiente aveva stilato un piano di forestazione e stanziato 330 milioni di euro per la transizione ecologica.
Obiettivi non raggiunti
Si dovevano piantare ben 6,6 milioni di alberi (1.650.000 nel 2022, e i restanti 4.950.000 nel 2024), realizzando boschi urbani, periurbani ed extraurbani, per migliorare la qualità della vita dei 21 milioni di abitanti delle 14 città metropolitane, le aree più esposte ai problemi ambientali.
L’obiettivo non è stato raggiunto e vi sono notevoli ritardi nell’avanzamento del piano. I fondi distribuiti nel 2022 sono stati 84 milioni di euro. La città metropolitana che ha ricevuto di più è Messina, con 15,9 milioni di euro per piantare circa 445mila piante. Seguono Roma (13 milioni, 305mila piante) e Napoli (10,5 milioni, 190mila piante).
Messina, un percorso virtuoso
La città dello Stretto sta seguendo un percorso virtuoso, anche grazie al progetto ForestaME, sposato dal Comune di Messina, finanziato da risorse ReactEu, attraverso le quali si intende ottenere una ripresa verde, digitale e resiliente del territorio comunale.
Il progetto mira a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile prefissati dall’European Green Deal, il “patto verde” europeo che prende le mosse dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, e individua obiettivi ambiziosi, come ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030.
Storicamente, quando non erano ancora sovraffollate, le città hanno sempre avuto un intenso rapporto con la natura. Oggi più di due terzi dei cittadini europei vivono in città, e questo rapporto si è affievolito.
Il verde e la qualità della vita
Ma la qualità della vita cittadina dipende in gran parte dalla qualità del verde, e una strategia di rigenerazione urbana deve tenerne conto.
Una visione globale deve comprendere anche l’attenzione al paesaggio, alla naturale bellezza della quale la nostra Isola è così ricca, affinché non si insinui negli animi l’abitudine, o la rassegnazione, ma l’attitudine a difenderla, quella bellezza, alla quale abbiamo un diritto assoluto, di cui molti non sono consapevoli. Perché quella bellezza salverà il mondo.