PALERMO – Ieri mattina, Gregory Bongiorno è andato a lavorare come ogni giorno. Poi, a un certo punto della mattinata, il telefono ha squillato: erano le otto del mattino, e sul suo telefono è arrivato il primo messaggio di solidarietà. “Non lo sapevo neanche, che l’operazione sarebbe stata condotta nella notte – spiega il presidente di Confindustria Trapani, che ieri ha fatto arrestare i suoi estorsori – e quindi per me era una giornata come le altre. Ovviamente non lo è stata”.
Le faccio subito una domanda tranchant. Se non fosse stato presidente di Confindustria avrebbe denunciato ugualmente?
“L’avrei fatto lo stesso, sì, ormai l’avrei fatto. Vede, io da giovanissimo ho studiato in un’università di Confindustria, l’università di Castellanza, poi al fianco di Ivan Lo Bello ho fatto un pezzo del mio percorso… insomma…”.
Insomma, il nuovo corso di Confindustria è intimamente suo.
“Non ho esitato. Dopo l’incontro con questo delinquente non ho esitato un momento”.
Però, fino al 2007, aveva pagato.
“Sì. Avevo pagato”.
Perché non aveva denunciato prima?
“Veda, per esperienza… ora lo posso dire: per esperienza diretta questo genere di cose va metabolizzato. Alla fine del 2007 c’è stato il codice etico di Confindustria Sicilia e via via, in me, nasceva questo desiderio di ribellarmi. Poi, dalla fine del 2007, non ho avuto più questa gente fra i piedi”.
Fino a un mese fa.
“Questa persona è venuta e ho deciso di dare un taglio definitivo”.
Ora, non allora. Lo rifarebbe?
“Assolutamente sì. Vede, il giorno dopo sono stato a Palermo, e ho incontrato Antonello Montante. In quell’occasione gli ho detto qual era stata la mia scelta, che lui chiaramente condivideva, e da subito si è attivato con gli organi inquirenti, con la magistratura, con tutti. Da subito ho capito di avere al mio fianco degli alfieri”.
Il clima è cambiato, dice.
“Ieri il mio telefono non ha mai smesso di squillare. Non erano manifestazioni di solidarietà generica: erano telefonate affettuose, e in un momento come questo è importante. Ho avuto Antonello Montante e un gran numero di persone al mio fianco: col solo Montante, ieri, mi sono sentito una ventina di volte. È cambiato tutto: qualche giorno fa abbiamo celebrato l’anniversario della morte di Libero Grassi, e i giornali giustamente ricordavano che Grassi è stato isolato da Confindustria. Ieri il presidente di Confindustria Sicilia mi ha chiamato venti volte: è necessario specificare che il clima è radicalmente cambiato?”.
Le faccio una domanda sotto il profilo umano: ha provato paura?
“Ho fatto questa scelta in maniera improvvisa, non so domani cosa potrebbe comportare. Ma sì, certo, ho provato paura. E se non fosse stato per tutte queste telefonate di solidarietà, di vicinanza, questa giornata sarebbe stata diversa”.
Ecco il nodo. La paura è un sentimento umano. Se la sente, alla luce di tutta questa vicenda, incluse le mancate denunce di sei anni fa, di chiedere a un fruttivendolo, al commerciante dietro l’angolo di fare lo stesso?
“Io dico sì. Confindustria è una grande associazione, con un suo peso specifico, mentre magari il commerciante, il fruttivendolo di cui lei parla è in difficoltà. Però, ecco, in questi giorni ho avuto modo di conoscere Enrico Colajanni di Libero Futuro e Daniele Marannano di Addiopizzo e ho trovato in loro persone capaci di instaurare un rapporto umano sincero. Ecco: chi non può rivolgersi a Confindustria, perché non è iscritto, può rivolgersi a queste associazioni”.
Mi scusi se torno su questo tasto, ma questa conversazione è molto franca ed è giusto fare luce su ogni punto: lo consiglierebbe anche al Gregory Bongiorno di sei anni fa?
“La scelta giusta è quella di oggi, non quella di sei anni fa. Si sono create le condizioni per non rimanere da soli, e si sono create per chiunque. Anche perché, mi faccia aggiungere questo tassello, bisogna ringraziare le forze dell’ordine e i magistrati della Dda di Palermo. Ho notato un clima differente anche con gli interlocutori istituzionali: il fatto di avere al proprio fianco persone che sostengono umanamente questa scelta, mi creda, è importante”.
Poco fa accennava alle telefonate di solidarietà. Anche internet si è riempita di solidarietà, ma…
“Mi creda, non ho ancora avuto il tempo di leggere nulla. Darò un’occhiata appena potrò”.
Stavo dicendo: oltre alla solidarietà, qualcuno ha rievocato quel giorno del 1989 in cui suo padre fu ucciso. “Era contiguo a Cosa nostra”, si disse allora e si è continuato a dire ieri e oggi.
“Guardi, quello che le posso dire è che allora avevo 14 anni. Purtroppo di questa storia, che come lei comprenderà ha creato molto dolore alla mia famiglia, io e mia sorella sappiamo molto poco. È così perché abbiamo avuto una grande madre, che ci ha tenuti al riparo da quella vicenda e che nel 2004 ha anche trovato la forza di denunciare il racket. Di più, francamente, non le so dire”.