“Digli solo… Biancavilla, i deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?”. “Ma sono veri?”. “Sì solo che sono di tre giorni fa”. “E spalmiamoli un poco”. Riprendiamo questo brano di intercettazione tra l’assessore Razza e la dirigente Di Liberti. E pensiamo a un medico di un reparto Covid che, da un anno, è in crisi perché vede morti su morti. Oppure pensiamo a un vaccinatore che ha salutato casa e famiglia per mettere in salvo più persone possibili. Oppure pensiamo a qualcuno che ha detto addio a qualcun altro, finito dentro un sacco nero, senza l’appoggio di un’ultima carezza. Come dovrebbero sentirsi?
Premesse necessarie. Se tutti fossimo intercettati per ventiquattro ore al giorno, avremmo difficoltà a spiegare almeno tre quarti delle nostre parole. Una conversazione privata ha il diritto al beneficio d’inventario: non è la verità assoluta dei nostri sentimenti e delle nostre idee. Rappresenta qualcosa che è stato detto, nello specifico di una comunicazione soggetta a mille variabili. Ed è necessario, sempre, ricordare l’ovvio: che un’inchiesta, per quanto capillare e scrupolosa, mette insieme ipotesi d’accusa su cui ci si dovrà pronunciare. Le indagini non sono una sentenza.
Però, al netto di tutte le concatenazioni telefoniche e degli elementi che dovranno essere soppesati, non si può fare a meno di prendere quelle frasi e piazzarle su una bilancia che vede, all’altro capo, il dolore di questi giorni terribili. Ma questa è soltanto una narrazione che tocca l’argomento per riferirsi, drammaticamente, allo scenario generale. Qualcosa che chiama in causa, innanzitutto, la dignità della politica, interamente convocata, o la sua mancanza.
I morti, nell’aritmetica del vocabolario di una pandemia, sono considerati numeri in casuale relazione con il nostro stato d’animo. Una strana e schizofrenica condizione psicologica ha, per esempio, tacitamente stabilito che se il giorno prima sono quattrocento e il giorno dopo sono duecento, si tira un sospiro di sollievo. Al contrario, divampa il fuoco dell’ansia. Comprensibile riflesso difensivo che, tuttavia, non tiene conto dell’umanità e della singolare irripetibilità di ogni esistenza.
I morti non si spalmano, perché non sono cose. I morti non si trattano all’ingrosso. I morti non si lasciano andare nell’indifferenziata della coscienza. I morti non sono numerini, né bandierine. I morti rimangono persone. Averlo dimenticato causa Covid, chi più, chi meno, è la colpa di tanti, se non di tutti.