Le lettere degli operai Gesip?| Un appello a essere comunità - Live Sicilia

Le lettere degli operai Gesip?| Un appello a essere comunità

Perché tanti dipendenti Gesip scrivono a Livesicilia? Chiedono alla loro città, Palermo, di ricordarsi di essere comunità.

PALERMO – Sono tante le lettere che arrivano alla redazione di Livesicilia dagli ex dipendenti della Gesip o dai loro familiari. Sono tutte molto toccanti e raccontano un pezzo di storia che non è facile leggere nei resoconti giornalistici che via via si succedono in questi giorni di agonia della società. Qual è questo pezzo di storia e perché non emerge altrove?

Semplice, siamo su Internet. Uno strumento che abbiamo immaginato utile per dialogare fra persone lontane e disperse nel globo, fra persone che, si diceva, proprio grazie alla rete, avrebbero potuto finalmente ritrovarsi, vivere come in un grande villaggio globale. Salvo poi realizzare – fate una verifica anche voi! – che la grande maggioranza di interazioni online nella nostra vita quotidiana sono locali, fra vicini, colleghi di lavoro o concittadini, ragazzi del muretto e “amici di palestra”, compagni di shopping, di calcetto, fanatici del prossimo mercato del contadino, bagnanti autunnali, trekkers e naturalisti, frequentatori di bar alla moda, aficionados di cinema deserti e chi più ne ha più ne metta. Tutti accomunati dal fatto di essere a portata di mano. A un tiro di schioppo da casa. Tutti riportati, per tramite della rete, a una sorta di paradossale villaggio locale perduto. Pensateci: grazie a Internet, Palermo (città 2.0!) si può riscoprire villaggio, si può riscoprire comunità. E in questa comunità ognuno reclama il suo posto. Anche i dipendenti della Gesip che si sentono offesi dalla narrazione istituzionale (cartacea?) del caso e vogliono utilizzare la rete come strumento di riscatto del loro punto di vista, raccontando ai propri vicini la loro versione, chiedendo di essere compresi, integrati nel discorso cittadino.

E che cosa ci dicono nel merito queste lettere? Ecco di nuovo un ribaltamento. Il discorso locale dell’ultimo impiegato licenziato si trasforma in presa di posizione universale, chiede il riconoscimento del diritto di mangiare, la possibilità di mostrare il proprio valore nonostante e contro le sciagurate gestioni di questi anni, di potere decorosamente vivere del proprio lavoro, di potere educare la propria prole, di vivere nella legalità, di poter fare, una volta tanto, l’eccezione alla regola di mangiare una pizza fuori. Cose fondamentali ma allo stesso tempo normali, verrebbe da dire. Forse, però, dimenticate nel racconto mitico della nostra città disastrata ed eroica allo stesso tempo.

Ecco cosa chiedono alla Palermo virtuale le lettere dei lavoratori della Gesip: di ricordarsi di essere comunità.


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