Le quote non versate a Cosa nostra: Angelo Santapaola contro Zuccaro - Live Sicilia

Le quote non versate a Cosa nostra: Angelo Santapaola contro Zuccaro

Nelle carte del sequestro della Dia pezzi di storia della mafia catanese. Prima dell’omicidio del cugino del padrino.

CATANIA – Maurizio Zuccaro è sempre stato un boss ambizioso. Forte anche del legame con la famiglia di sangue di Cosa nostra – è cognato di Enzo Santapaola ‘il grande’, figlio di Salvatore – e dei trascorsi del padre Saro è riuscito a creare un fortino criminale nella zona di San Cocimo a Catania e negli anni della mattanza un suo gruppo di fuoco. E avrebbe anche avuto – leggendo gli atti del processo Piramidi e del recentissimo provvedimento di Misure di Prevenzione eseguito dalla Dia – un impero imprenditoriale sommerso, con il volto economico affidato a Nino Paratore. E poi anche al figlio Carmelo. Si sarebbe sentito così intoccabile da poter anche decidere di lasciare fuori dalla cassa di Cosa nostra le quote delle società che sarebbero state riconducibili a lui. Una decisione che avrebbe scatenato l’ira di Angelo Santapaola, cugino di Nitto. Che per un periodo è stato il reggente “cane sciolto” di Catania. E si sarebbe scatenata una faida interna, che ha portato a precise ritorsioni e avvertimenti. Un lungo elenco di pentiti ha raccontato questa pagina della storia della mafia catanese, in un periodo in cui Angelo Santapaola aveva riportato fuoco e fiamme. E anche morte. Siamo a metà del primo decennio del 2000. Nel 2007 infatti Angelo Santapaola, insieme al suo guardaspalle NIcola Sedici, è stato ucciso per decisione dei vertici della famiglia di Cosa nostra catanese. I collaboratori raccontano che sarebbe stato anche nei piani di Maurizio Zuccaro uccidere il cugino del padrino Benedetto. Precisamente è La Causa a raccontare che “una quota della gestione degli affari di Paratore-Zuccaro era andata anche a Benedetto Santapaola ma che in cambio dell’ingresso di quest’ultimo nei loro affari, Maurizio Zuccaro aveva preteso l’uccisione di Angelo Santapaola”. Addirittura il boss di San Cocimo – a dire del pentito – avrebbe “incaricato Raimondo Maugeri” di ammazzarlo. Ma Maugeri, boss del Villaggio ucciso qualche anno dopo, avrebbe spifferato tutto all’amico Angelo Santapaola. E da lì le fiamme al lido. Zuccaro avrebbe avuto paura della sua incolumità. Gaetano D’Aquino del clan Cappello racconta che si sarebbe avvicinato addirittura a Sebastiano Lo Giudice e Orazio Finocchiaro, all’epoca tra i vertici dei Carateddi di Catania.

Salvatore Viola, Santo La Causa, Gaetano D’Aquino fanno dichiarazioni quasi sovrapponibili. Zuccaro si sarebbe rifiutato di versare alla “famiglia” la quota de Lido Le Piramidi e per questa “ragione” Angelo Santapaola avrebbe incendiato lo stabilimento balneare oltre l’insegna del suo locale “Parla Poco”. Viola racconta anche di un pestaggio nei confronti di Salvatore Platania e i figli Giuseppe e Rosario per il mancato versamento dei soldi riguardanti la cooperativa di pulizie negli ospedali. Quell’aggressione avrebbe “risolto la situazione”. 

Viola inoltre parla della scomparsa di un parente di Zuccaro, Salvatore Saitta. Il pentito lo collega alla guerra tra il boss e Angelo Santapaola. Ma potrebbe trattarsi di Lorenzo Saitta, omonimo del cugino boss detenuto, ucciso dai Nizza nel 2006. Avrebbero proprio approfittato delle tensioni interne per depistare i colpevoli. E infatti, viste le dichiarazioni di Maurizio Viola, ci sarebbero riusciti. Solo che poi è diventato collaboratore di giustizia Fabrizio Nizza che ha puntato il dito contro il giovane fratello Andrea. 

Zuccaro avrebbe avuto un’ambizione così smodata da non rispettare nemmeno il vertice assoluto.   La Causa racconta che dopo la morte di Angelo Santapaola e dopo il suo arresto avrebbe detto a Paratore di non versare più la quota di Nitto. 


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