Le tre fiction del governo Lombardo - Live Sicilia

Le tre fiction del governo Lombardo

Il dottor Sottile
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Ora che l’astro nascente di Lumia si e’ spento ancor prima di nascere, ora che il re Lombardo e’ rimasto con le spalle nude, ora che il “ribelle” Micciche’ si e’ rimangiate tutte le guasconate e tutte le velleita’, che ne sara’ delle tante fiction messe in piedi questa estate da quella particolare opera dei pupi che e’ il teatrino siciliano della politica?
La prima fiction messa in cartellone da Raffaele Lombardo subito dopo la presa di palazzo d’Orleans e’ andata in scena con un titolo suggestivo: “L’arcangelo di Grammichele”. Il presidente della Regione si e’ cucita addosso l’aureola del santo venuto dalle colline catanesi per salvare i palermitani irretiti da un demonio chiamato Cuffaro. La recita e’ andata avanti per parecchi mesi e molti spettatori hanno sinceramente creduto alle promesse di pulizia e di rinnovamento. A un certo punto pero’ il pubblico del loggione si e’ accorto che dietro l’immagine del santo di Grammichele – mondo da ogni intrigo e da ogni peccato – c’era un belzebu’ ben piu’ cinico e affilato di Cuffaro. E la prova provata si e’ avuta con la cosiddetta riforma della sanita’ sostenuta con tanto fervore non solo dal governo ma anche dal Pd inciucista di Giuseppe Lumia e Antonello Cracolici. La legge, presentata come un’opera pia finalizzata alla razionalizzazione di un sistema certamente fuori controllo, non ha certamente risolto i problemi legati alla salute dei cittadini: i tragici fatti di Mazzarino e di Messina, con le disperate corse da un ospedale all’altro, stanno li’ a dimostrarlo. In compenso ha dato la possibilita’, all’arcangelo del Bene, di scardinare e rastrellare tutte le postazioni di potere riconducibili a Cuffaro, sulfureo angelo del Male. Con un risultato che ormai e’ sotto gli occhi di tutti. Su diciassette aziende sanitarie, tredici sono diventate appannaggio dell’Mpa, il piccolo partito del Governatore. Sono rimasti intatti i disagi e le ingiustizie, i privilegi e gli sprechi. Ed e’ rimasta intatta soprattutto la visione clientelare della cosa pubblica: Lombardo parla ogni giorno della necessita’ di ridurre le spese ma tra le pieghe della riforma lui e il suo assessore hanno trovato anche lo spazio per destinare oltre dieci milioni a un esercito di consulenti la cui attivita’ sfugge a qualsiasi logica e a qualsiasi pudore.
La seconda fiction ha battuto i palcoscenici di tutta Italia sotto un titolo spagnoleggiante – “El Picador” – e ha avuto per protagonista quel chiassoso e rutilante leader del Pdl siciliano che risponde al nome di Gianfranco Micciche’. Per tutto giugno e luglio, il sottosegretario al Cipe ha recitato la parte melodrammatica della vecchia amante che sta li’ per li’ per abbandonare il suo uomo, in questo caso Silvio Berlusconi. Pietiva e strillava, rivendicava e minacciava. Ma non rompeva mai. Una sorta di Filomena Marturano, inquieta e aggressiva pero’ sempre fedele al proprio struggente e disperato amore per il Cav. Una recita, appunto. Perche’ nei fatti Micciche’, con l’ammuffito pretesto della “peculiarita’ autonomistica della Sicilia”, ha fatto da spalla a Gianfranco Fini e alla guerriglia politichese che il presidente della Camera ha attivato, dentro e fuori le istituzioni, per ficcare le banderillas sul collo di Berlusconi e portarlo stremato davanti a quei giudici che, come in una corrida, da quindici anni provano a “matarlo”. Dispiace sottolinearlo, ma il sottosegretario per tutta l’estate ha dato fiato e legittimazione ai quattro picadores (in italiano: picchiatori) inviati da Fini per accendere i fuochi della rivolta nella piu’ importante provincia dell’impero. Anzi, portando il Pdl alla scissione, si e’ trasformato lui stesso in picador: perche’ nel ferire a morte il partito, in un avamposto sensibile come la Sicilia, ha contribuito non poco a dissanguare il patrimonio politico ed elettorale accumulato in questi anni dal Cavaliere.
Con il dettaglio, non proprio trascurabile, di avere scatenato tutto questo terremoto per non piu’ di trenta denari: due incarichi di governo e quattro di sottogoverno: un’elemosina. Riuscira’ mai a perdonarlo Berlusconi ora che la toreada volge al termine e lo spadino della magistratura punta dritto alla sua fronte?
La terza fiction e’ stata imbastita da Lombardo sul modello di “O’ Zappatore”, celebre sceneggiata napoletana, e ha avuto per protagonisti i cosiddetti “tecnici”, cioe’ quei tre assessori che il presidente della Regione ha chiamato in giunta come “alte personalita’ indipendenti, scelte al di fuori delle appartenenze politiche”. Il pubblico del loggione per qualche mese ha applaudito, convinto che due magistrati, come Caterina Chinnici e Massimo Russo, e un confindustriale segnato dal cilicio antimafioso, come Marco Venturi, avrebbero ancorato l’attivita’ del governo a valori inderogabili come l’equita’, la trasparenza, il rigore. Invece, e’ bastato che il primo sole sciogliesse la nebbiolina della mistificazione per capire che le “alte personalita’” altro non erano che uomini dell’Mpa travestiti da indipendenti. Insomma, dei fedelissimi; che, come “O’ Zappatore” di Mario Merola, non dimenticano mai la mamma che li ha messi al mondo della politica. Per rendersene conto basta ricordare le opere e i giorni di Russo a cui Lombardo ha affidato, nel maggio del 2008, l’amministrazione del feudo piu’ ricco, quello della sanita’, e il maneggio dei miliardi da assegnare a medici e laboratori di analisi, a ospedali e cliniche private.
Quando l’ex pm e’ diventato assessore, i puri e candidi della sinistra antimafiosa hanno aperto il cuore alla speranza. Hanno creduto, poveretti, che il cielo stellato della buona politica fosse finalmente a portata di mano. Il primo a crederci, probabilmente, e’ stato proprio lui, il neo assessore. Il quale, appena giunto a piazza Ottavio Ziino, ha voluto dare di se’ l’immagine dell’uomo dalla mascella quadrata; dell’ex magistrato che non avrebbe guardato in faccia nessuno, che non avrebbe ceduto ne’ alle lottizzazioni ne’ al clientelismo ne’ alle pulsioni lobbistiche del senatore Pistorio, suo padrino politico.
Purtroppo non c’e’ riuscito. Lui credeva magari di dominare la politica, di cacciare all’inferno quei reprobi dei cuffariani e di ammansire i lupi. Invece la politica ha divorato lui e lo ha costretto a fare cose che forse, da giudice, avrebbe duramente condannato. A cominciare dalla campagna elettorale condotta alle amministrative di Mazara del Vallo in nome dell’Mpa e in compagnia di quel Pino Giammarinaro, brontosauro democristiano, che lui stesso, da sostituto procuratore, aveva inquisito per mafia. Altro che uomo di partito. Russo si e’ rivelato, in ogni sua azione, un militante. E’ venuto a patti con amici, alleati e capicorrente. Ha modulato il severissimo piano di rientro con decreti spesso finalizzati ad affamare i piu’ deboli e a ingrassare i piu’ forti.
Ha lottizzato poltrone e incarichi di sottogoverno e nel lottizzare si e’ lasciato andare a suggerimenti, come quelli dati ai manager delle Aziende sanitarie per la nomina dei direttori, che in altri tempi avrebbero scandalizzato il piu’ callido dei democristiani. Il tutto per difendere – legittimamente, per carita’ – le ragioni politiche ed elettorali del suo dante causa: Raffaele Lombardo. “O’ Zappatore nun s’a scuorda a’ mamma”, cantava Merola.
Fine della fiction. Sipario.

(Italpress)

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