La cronaca delle vampe di San Giuseppe, con l’aggressione alle forze dell’ordine, offre l’immagine di una parte di città che non è mai cambiata, che considera il sopruso un diritto, che reagisce alla legge con la violenza. Non è una città geograficamente circoscrivibile in zone: perché sarebbe un’idea surreale e razzista far coincidere l’inciviltà con i luoghi. Ma è una Palermo trasversale che, nei momenti di sconforto, può apparire irredimibile.
La cronaca, dunque, ha raccontato scene di guerriglia urbana, intorno alle vampe. Sono intervenute le pattuglie della polizia. C’è stato un lancio di bottiglie, uova e pezzi di mobilio. Diversi roghi sono stati spenti prima che diventassero pericolosi. Tre agenti sono ricoverati in ospedale. Pochi giorni fa, il parco giochi di Brancaccio è stato devastato, verosimilmente, per procacciare il legno per la vampa della notte di San Giuseppe.
Si è parlato molto, nei mesi scorsi, dell’’emergenza Palermo’, in termini di sicurezza. Il sindaco Lagalla ha più volte detto che gli indicatori non configurano un allarme sociale. Il dato eclatante sembra, in ogni caso, quello di un radicamento dell’abuso – ordinario e straordinario – nella città illegale che è convinta di avere sempre un alibi.
Nemmeno anni e anni di antimafia e sacrosanta predicazione legalitaria ne hanno modificato il carattere di fondo. Questa Palermo che possiamo considerare ‘abusiva’, rispetto alle speranze di tutti, non è mai cambiata. Probabilmente perché non vuole cambiare.