PALERMO – Secondo i pm, che lo arrestarono, la sua Abbazia Sant’Anastasia, cantina nel cuore della Sicilia, era in realtà di Bernardo Provenzano. Ma le accuse per Francesco Lena si sono sgretolate già in primo grado, con l’assoluzione confermata prima in appello a adesso in Cassazione. “Siamo molto soddisfatti – ha spiegato l’avvocato Giovanni Rizzuti, che difendeva Lena assieme a Giovanni Di Benedetto -. Il nostro cliente era accusato di reati davvero infamanti, di rapporti pluriennali con la mafia. Abbiamo dimostrato che queste imputazioni non potevano reggere a un’attenta analisi degli elementi”.
La Cassazione ha confermato l’assoluzione anche per l’architetto Vincenzo Rizzacasa, titolare dell’Aedilia Venusta. L’associazione Addiopizzo nel 2010 aveva scoperto che all’interno della ditta lavoravano Salvatore e Francesco Paolo Sbeglia, padre e figlio, imprenditori attivi nell’ambito dell’edilizia con un importante curriculum giudiziario. A Rizzacasa fu anche restituita una donazione che lui stesso aveva fatto all’associazione con lo scopo di istituire una borsa di studio da intitolare alla moglie defunta. D’estate arrivò poi l’espulsione da Confindustria. Assoluzione anche per Salvatore Sbeglia e Vincenzo Marcianò. Confermate anche undici condanne per gli altri imputati accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. La pena più alta, 10 anni, era stata inflitta al boss Nino Rotolo. A 8 anni e 2 mesi è stato condannato Francesco Paolo Sbeglia, 8 anni per Carmelo Cancemi; 4 anni dovranno scontare invece Pietro Vaccaro e 8 anni e due mesi Fausto Seidita. Infine a 2 anni di carcere è stato condannato Massimo Troia.
(Fonte ANSA)