CATANIA – Affari con il vino. Ciccio Napoli e il cugino Francesco Ferrera, entrambi della stirpe mafiosa dei Cavadduzzu (Ferrera, ndr) di Catania, avrebbero deciso nel 2020 – in pieno lockdown e quindi un periodo fuori mercato – di investire nella commercializzazione del nettare d’uva. Ma visti i precedenti penali, la società non sarebbe potuta essere di certo intestata a loro. Così prima della firma del notaio la cosa incombente da risolvere sarebbe stata quella di scegliere l’uomo giusto al momento giusto. Insomma la testa di legno. Questo almeno secondo la ricostruzione accusatoria che viene fuori leggendo l’ordinanza dell’operazione Sangue blu. I carabinieri hanno posto i sigilli a Vinissimo, l’enoteca di via Vecchia Ognina a Catania. La saracinesca, infatti, ieri dopo il blitz era rigorosamente abbassata.
Alla fine la scelta tra ‘l’infermiere e Simo’ sarebbe caduta sul secondo. E cioè Simone Atanasio (indagato), descritto da Ciccio Napoli come un ragazzo “pulito”. Dalle intercettazioni emerge la totale sudditanza dell’imprenditore nei confronti del rappresentante provinciale di Cosa nostra catanese. “Evitava di discutere telefonicamente della vicenda in corso, dimostrando di essere pienamente consapevole della natura illecita del loro rapporto”, sentenzia la giudice. Il 7 agosto 2020 Simone Atanasio conferma a Ferrera che sta andando per l’atto di costituzione: “Ti stai recando.. dal notaio?”, chiede. “Sto andando là, va bene?”.
Sono decine le intercettazioni finite nei faldoni dell’inchiesta Sangue blu. Ciccio Napoli e Francesco Ferrera continuano a discutere chiaramente degli affari della “Vinissimo”. Per il gip non ci sono dubbi: “I due indagati” avrebbero costituito “la srl attribuendone fittiziamente la titolarità ad Atanasio, mentre Napoli e Ferrera sarebbero i “veri gestori” e i “soci occulti”. I due avrebbero operato “di comune accordo le scelte strategiche imprenditoriali” e avrebbero coltivato “ i rapporti con potenziali clienti e fornitori”