PALERMO – “Non è detto che ci sarà il Pd in futuro”, dice il senatore Davide Faraone pochi minuti prima dell’inizio della Leopolda sicula che ha organizzato a Palermo, sognando “un nuovo soggetto politico che guardi a sinistra ma che guardi anche a quello che sono stati i moderati”. Ospite d’onore”, un big del centrodestra come Gianfranco Miccichè, presidente dell’Ars e coordinatore di Forza Italia: “Stiamo ancora a parlare – dice – di chi è più adatto a fare il segretario del Pd o di Fi e qui Lega e M5s prendono l’80%. Ci hanno fottuto, abbiamo sbagliato. Al nostro interno ci siamo massacrati”. Poi però, davanti a una platea ammutolita – e divertita per i toni coloriti con cui Miccichè fa autocritica – il presidente dell’Ars torna conciliante: “Io dico proviamoci, ma qual è la strada per vincere a livello nazionale non lo so. In Sicilia ho messo insieme i cocci di vasi rotti, distrutti, e ho vinto, ma in Italia non so”. E aggiunge: “Io con Faraone parlo, non sempre lo capisco, però dobbiamo trovare insieme una strada contro il populismo”.
Quello di Miccichè diventa, a tratti, uno show amaro: “Dicono che corteggiamo Salvini perché abbiamo la fantasia dei numeri, delle alleanze: minchiate, non esistono più le alleanze. L’analisi che va fatta è un po’ più feroce: è colpa dell’Europa se siamo in mano ai populisti. Quando l’Europa fa fallire 40 mila pescatori siciliani perché vieta la pesca del tonno, allora l’Europa non ci piace più. Berlusconi prima, Renzi dopo si sono impegnati per non superare il deficit imposto e non far imbestialire l’Unione Europea. Eravamo bravi noi o hanno capito tutto loro? Hanno capito tutto loro. Io sono il più europeista di tutti, ma questa Europa non mi piace. O noi, – dice rivolgendosi a Guerini e Casini – ci mettiamo in testa che questa Europa va cambiata dalle fondamenta o non abbiamo possibilità di vincere. Questi (Lega e M5s, ndr) non si battono, sono troppo forti, perché hanno trasgredito in Europa e hanno conquistato il popolo. Ci hanno fottuto, abbiamo sbagliato”. Poi ammette: “Non ci servono né Berlusconi né Renzi per vincere. Ci serve un hacker. Ma purtroppo non credo che questa cosa del.populismo la superiamo velocemente”.
Dalla platea, dove si mischiano volti di estrazione e storia diversa – poca sinistra, molto centro, un accenno di centrodestra – arriva qualche timido applauso. È in corso il dibattito tra Miccichè e i due dem Lorenzo Guerini e Pierferdinando Casini, un tempo alleato di Forza Italia e oggi Pd.
La prospettiva di Faraone trova sostenitori e si scontra con alcune perplessità, così, mentre Pierferdinando Casini, ex leader centrista, oggi nel Pd dice che “i moderati devono far parte di un disegno complessivo che sta al Pd disegnare e seminare”, Graziano Delrio, ex ministro e big dei renziani esprime una posizione un po’ diversa: “L’importante per il Pd è restare uniti, si discute all’interno come in una grande famiglia. Il Pd ha bisogno di volti nuovi, ne abbiamo tanti capaci e competenti (e qui indica Carmelo Miceli, deputato del Pd e segretario provinciale di Palermo, ndr). Noi abbiamo fatto il nostro pezzo, penso che abbiamo dato il massimo. Sono contrario al cambio del nome, l’aspetto fondamentale è la direzione che il partito deve prendere aprendo riflessioni su proposte nuove come la lotta alla finanza malata, le misure a sostegno del lavoro, il contrasto alle diseguaglianze. E dobbiamo essere capaci di coinvolgere i giovani. Cambiare nome – ha aggiunto Delrio – non serve”.