GELA – Lesioni personali ed in due casi, anche la morte. Sono queste le accuse avanzate dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta che grazie alle numerose denunce avanzate dai lavoratori esposti all’amianto ha avviato un’indagine. Nel mirino della magistratura sono finiti 38 tra amministratori delegati, direttori, responsabili del servizio prevenzione e protezione e responsabili amianto di diverse società facenti capo al gruppo Eni che, nel corso degli anni hanno operato all’interno del sito industriale della raffineria gelese.
Sul tavolo della magistratura sono finiti i numerosi esposti dei lavoratori che tramite l’Inail chiedevano il riconoscimento della malattia professionale a seguito di asbestosi e mesotelioma pleurico, patologia tumorale correlata all’esposizione ad amianto. Le indagini sono state condotto da pm Serafina Cannatà ed Elisa Calanducci che dovranno ora accertare, la presenza di amianto nell’ultimo ventennio all’interno dello stabilimento che oggi fa capo alla Raffineria di Gela, il rapporto causa-effetto fra l’esposizione dei lavoratori e l’insorgenza delle malattie professionali riscontrate.
“E’ stato necessario ricostruire poi gli specifici profili di colpa per ciascuno degli indagati, in vario modo titolari di posizioni di garanzia tenuti all’osservanza delle norme sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro e all’adozione di metodi gestionali basati sulla precauzione e sulla prevenzione”, spiegano in una nota i magistrati. L’area industriale in questione costituisce un sito multi-societario che ha visto, anche nei settori nei quali vi era il rischio di esposizione ad amianto, l’avvicendamento nel corso del tempo di molte società (diretto e indotto) ed altrettanto continui mutamenti negli assetti aziendali di vertice.