L'estate, una vita fa - Live Sicilia

L’estate, una vita fa

L'estate sta finendo. Tramontano le lunghe giornate. Ricominci a pensare al lavoro, agli impegni. E speri che arrivi la pioggia, come una manna dal cielo.

C’è quell’atmosfera un po’ cupa alla fine dell’estate, nonostante le giornate siano ancora luminose. Un’atmosfera simile a quando in Sapore di Sale, Selvaggia passeggia per le vie di Forte dei Marmi con in sottofondo Ritornerai, di Bruno Lauzi. La città è vuota e assolata, molta gente è ancora fuori. Quelle poche persone che incontri si muovono al ritmo della nostalgia, lento e sognante. Passeggiano per le vie del centro guardandosi intorno senza vedere nulla, sperando forse di svegliarsi di colpo e ritrovarsi ancora in ferie. Entri al solito, vecchio bar sotto l’ufficio e ordini un caffè. Seduti al tavolino ci sono due uomini d’affari che discutono di soldi tra nomi, cognomi, cifre, date… Tenti di ignorare le loro voci, devi solo goderti quell’ultimo minuto e mezzo di vacanza.

Anche il barista sembra non voler parlare di niente ed evita di incrociare il tuo sguardo, solo quando ti porge la tazzina ti lancia un’occhiata di patetica e rassegnata comprensione. Anche lui sarà rientrato da poco, lasci le monetine sul bancone e, dopo avergli fatto un cenno di saluto, sospirando ti prepari a salire. Incontri i tuoi colleghi per i corridoi illuminati dal falso chiarore del neon e mentre ti dirigi alla tua scrivania ti vengono in mente tutte le dinamiche invernali che avevi lasciato e che non sei pronto a riprendere. Ti viene in mente che qualcuno ti faceva antipatia e anche il perché, ti ricordi di quel flirt che avevi iniziato e che hai lasciato in sospeso con un paio di sms, dell’amicizia che si era creata e del lavoro che ti eri ripromesso di portare a termine prima di agosto e che adesso ti aspetta.

La verità è che non sei pronto. Non sei pronto a svegliarti ogni mattina per andare in ufficio, pausapranzare con quei quattro lì, che si, siete in buoni rapporti ma gli amici sono altri, non ti va di riprendere l’abitudine dell’aperitivo dopo il lavoro, sempre nello stesso posto, sederti al tavolo e discutere di politica, della munnizza, del tempietto della musica che quei due ebeti hanno sporcato, di nuovo. Ma alla fine non è che sei stato via più di tanto, qualche giorno appena. Eppure sembra una vita fa. Mentre sei seduto su quella poltrona cerchi di concentrarti, di organizzarti, di rientrare nell’ordine di idee e nello stato d’animo giusto per fare quel lavoro che un giorno ti piaceva tanto.

Sfogli le carte sul tavolo, guardi l’orologio e fai un paio di telefonate, giusto per riprendere i contatti. Controlli la posta in arrivo, forse speri di ricevere una mail che ti autorizzi a rimanere in quello stato di distrazione patologica, magari da parte di quella persona che hai conosciuto quella sera e che speri, non si sa come, di rivedere e risentire. Guardi fuori, il sole batte. Cerchi di convincerti che stai meglio tu con l’aria condizionata piuttosto che quei ragazzi alla fermata dell’autobus. Anche questa è difficile, visto che probabilmente stanno andando a mare. Scuoti il capo, ti dici che basta, vacanza finita, si deve lavorare, accendere il cervello, produrre. Infatti ti stropicci gli occhi e focalizzi la tastiera del computer, ma la prima cosa che fai è aprire facebook.

Scorri la bacheca, leggi con sadico piacere che come te, la maggior parte delle persone si sta lamentando in tutti i dialetti italiani perché la situazione in cui si trovano è più o meno la stessa. Ti guardi intorno, non c’è nessuno, decidi di aprire gli album fotografici degli amici, gli ultimi, dove hai la meravigliosa espressione di chi è senza pensieri. Ti scopri a sorridere perché ricordi esattamente il momento ed il luogo nel quale le foto sono state scattate e le risate di chi ti guardava mentre ti mettevi in posa. Ti ricordi quella festa alla quale non volevi andare ma che poi è stata magica, la piacevole carezza della sabbia sotto i piedi, il colore del tramonto sul mare, il pizzicorìo della birra gelida tenuta tra le mani, il momento in cui hai aperto la valigia, per riempirla di te e partire e poi, eccoli, tra odori e sapori, ricordi gli occhi di quella persona, alla quale ora sai che avresti voluto dire tanto, tanto di più. Speri che la pioggia arrivi presto, per lavare via il calore dalle strade e la voglia di estate da te.

Una pioggia fresca, composta e gradevole, che ti faccia sentire meno fuori luogo tra le mura dell’ufficio, che ti imponga di correre da un posto all’altro e non ti dia il tempo di pensare, ma che ti faccia ridere, di nuovo, se pensi a quando la desideravi perché faceva troppo caldo.

 


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