PALERMO – “Nel corso di numerosi anni di attività professionale mai si era verificato che venisse negata l’autorizzazione dei colloqui fra gli indagati detenuti e i loro familiari”. A scriverlo sono gli avvocati Antonio Di Lorenzo, Filippo Liberto e Salvatore Aiello, difensori delle tre persone arrestate con l’accusa di tentata estorsione nei confronti delle sorelle Napoli, Irene Gioacchina e Marianna, e della madre Gina La Barbera di Mezzojuso.
In carcere sono finiti Simone La Barbera, Antonino Tantillo e Liborio Tavolacci. Le donne, proprietarie di un terreno a Corleone (Pa), da oltre dieci anni denunciano intimidazioni e minacce per costringerle a cedere l’attività agricola di produzione di foraggio e cereali.
I legali hanno scritto al ministro della Giustizia, al procuratore di Termine Imerese, all’Unione delle camere penali e all’associazione Antingone che tutela i diritti dei detenuti. “Nonostante i tempi molto ristretti per lo studio degli atti prima dell’interrogatorio – scrivono i legali – gli indagati hanno risposto all’esame non limitandosi in alcun modo ad escludere le loro presunte responsabilità, ma precisando molti dettagli in merito alla vicenda. Ebbene, con provvedimento privo di alcuna motivazione il pubblico ministero rigettava la richiesta di autorizzazione ai colloqui con i familiari. Si ritiene inspiegabile – proseguono i legali – che si neghi un diritto legislativamente e costituzionalmente riconosciuto con provvedimento non motivato su modulo prestampato”.
Le sorelle Napoli, proprietarie di un terreno a Corleone, da oltre dieci anni denunciano intimidazioni e minacce per costringerle a cedere l’attività agricola di produzione di foraggio e cereali. I tre arrestati sono indagati per tentata estorsione, senza l’aggravante del metodo mafioso. “Gli uffici di Procura hanno sempre garantito i contatti ed i rapporti con i familiari – concludono i legali – per qualsiasi capo di imputazione anche ben più grave di quello contestato ed anche in relazione ad esigenze investigative legate ai capi di imputazione contestati”.