PALERMO – L’ultima parola spetterà al dipartimento Affari regionali, che dovrà decidere se proporre l’impugnativa davanti alla Corte costituzionale delle cosiddette ‘norme mancia’ inserite nel Collegato all’ultima Finanziaria regionale. Questo il senso della lettera inviata dal ministero dell’Economia alla Regione Siciliana, nella quale sono contenute alcune osservazioni rispetto al pacchetto di provvedimenti varato da Sala d’Ercole in avvio di 2025.
Nel mirino le modalità di spesa
In un documento di quattro pagine gli uffici di via XX Settembre alzano il cartellino giallo sulle modalità con le quali sono stati previsti i contributi a pioggia. Era la Finanziaria del dopo-caso Auteri e l’Ars, di fatto scottata dal clamore mediatico nato dai fondi elargiti alle associazioni della galassia che faceva riferimento all’allora deputato FdI, fece delle scelte diverse rispetto al passato.
Il maxi-emendamento con una sfilza di 63 articoli che prevedevano contributi di ogni tipo finì in un Collegato alla Finanziaria, le legge 3 del 2025. Nessuna associazione venne indicata in quegli articoli che comunque fecero scendere una pioggia di milioni sulle nove province della Sicilia. Beneficiari questa volta furono enti locali, fondazioni, scuole e parrocchie “individuati – sottolineano dal Mef – per interventi di carattere eterogeneo”. Le norme finirono sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana il 4 febbraio 2025.

Ventidue articoli in sospeso
Una forma di cautela che però potrebbe non avere salvato i contributi cari ai deputati di maggioranza e opposizione. Sotto la lente del ministero guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti sono finiti 22 articoli. Norme che “individuano il beneficiario, la denominazione dell’intervento e il relativo importo assegnato senza specificare i criteri ai quali sono ispirate le scelte operate e le relative modalità di attuazione, e senza che sia previsto il ricorso ad alcun bando”.
L’orientamento della Corte costituzionale
Sul punto il Mef ricorda un pronunciamento della Corte costituzionale. Nel 2009 la Corte sancì che proprio la mancanza di criteri “obiettivi e trasparenti” nella scelta dei beneficiari di contributi è in contrasto con l’articolo 3 della Carta. Si tratta dell’articolo che sancisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge”.
“Quali criteri per la scelta dei beneficiari?”
L’Ars, inoltre, secondo il ministero ha adottato quelle norme “senza esplicitare i criteri utilizzati per la scelta dei beneficiari degli interventi finanziati”. Una circostanza che induce il Mef a chiamare in causa il dipartimento Affari regionali. La questione passa quindi sul tavolo di un altro leghista, Roberto Calderoli.