PALERMO – Liberi, sì, ma di litigare. E Uguali, certo, uguali a come erano prima, cioè sempre pronti a darsele, metaforicamente si intende, di santa ragione. L’avventura del nuovo progetto politico che con la faccia di Piero Grasso ha imbarcato Sinistra Italiana e i fuoriusciti dal Pd di Mdp-Articolo 1 sta cominciando un po’ come era finita quella dei bersaniani dentro il Pd. Cioè secondo il copione immutabile della sinistra italiana, quello delle liti, delle divisioni, degli anatemi reciproci.
Si dirà, lì dove c’è democrazia si discute e si può essere in disaccordo. Cosa che nei partiti-azienda con milionari leader-proprietari è più complicato. Certo, ma tra il confronto e la guerra civile permanente corre un po’ di differenza. La maledizione della divisione rischia di accompagnare ancora la ex minoranza Pd dei D’Alema, Bersani, Speranza e via dicendo. In Sicilia la composizione delle liste di Liberi e Uguali, infatti, ha scatenato un piccolo putiferio. In particolare la calata di Guglielmo Epifani come capolista in tutta la Sicilia orientale. Ai bersaniani di Sicilia la scelta non è andata giù, sono volate parole grossissime e tanti papabili che erano pronti a candidare, anche come portatori d’acqua, si sono tirati indietro in giro per l’Isola.
Tanto che l’unico deputato eletto dall’area alle Regionali, cioè Claudio Fava, si è già tirato fuori. “Non mi riconosco nel progetto di Leu”, ha detto, spiegando di essersi disinteressato della fattura delle liste. Questo mentre militanti catanesi e siracusani si chiamavano fuori, esponenti palermitani come Ninni Terminelli dicevano di non volersi più candidare, Pietro Bartolo, quellid i Possibile protestavano, il medico di Lampedusa in predicato di correre in Lombardia recapitava il suo “no, grazie” e il coordinamento regionale dei bersnainai da Enna vergava un documento di fuoco in cui tra l’altro si accusava Roma di “metodi che negano i principi fondanti di trasparenza e di rappresentatività di LeU”. Alla fine e liste sono state chiuse, qualche correttivo s’è trovato e un po’ di mal di pancia sono rientrati. Ma ci sono tutte le premesse per proseguire nella lunga storia di scissioni della sinistra italiana. Non che i cugini del Pd non litighino altrettanto, le tensioni in Sicilia in queste settimane sono state tante, ma le dimensioni dei soggetti non sono sovrapponibili. Anche tra i dem il momento della composizione delle liste ha provocato inevitabili mal di pancia, con vere e proprie piccole sommosse nel centro Sicilia. Certo è che la maledizione della guerra fratricida non sembra lasciare scampo alla sinistra. Tanto più mentre a destra il balsamo della poltrona guarisce tutte le possibili incompatibilità tra “moderati” e populisti.