PALERMO – Quel licenziamento è illegittimo. Per questo motivo, il dirigente deve essere reintegrato e l’Irsap dovrà anche riconoscergli gli “arretrati”. La vicenda non è nuova, ma l’ultima puntata della querelle che coinvolge da mesi l’attuale presidente dell’Irsap Alfonso Cicero e alcuni dirigenti dell’ex Asi di Agrigento, segna un punto a favore di questi ultimi.
La vicenda riguarda in particolare il dirigente dell’ex Asi di Agrigento Salvatore Callari, licenziato in tronco dall’allora Commissario Cicero con pesanti accuse. In primo grado, però, il tribunale del lavoro aveva già dato ragione al dirigente, imponendo il reintegro nel posto di lavoro e il pagamento degli stipendi arretrati. A quella sentenza, sia l’Irsap, nella figura appunto del presidente Cicero e l’ex Asi di Agrigento hanno avanzato ricorso. Un ricorso respinto dal giudice, che ha ribadito il senso della prima sentenza.
In particolare, il giudice del lavoro di Agrigento, Chiara Gagliano, condivedendo le tesi difensive degli avvocati Rubino e La Loggia, ha confermato l’illegittimità del licenziamento intimato a Callari, condannando il Consorzio Asi in liquidazione a reintegrarlo nel posto di lavoro e a versargli un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento all’effettiva reintegrazione, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali dalla maturazione di ogni rata di credito al pagamento.
In particolare il giudice del Lavoro ha ritenuto, citando dei precedenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione, che tutte le fasi del procedimento disciplinare devono essere svolte esclusivamente dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
La decisione di licenziare Callari, invece, fu presa direttamente da Cicero. Proprio per questo motivo il licenziamento è stato considerato illegittimo e la sanzione “è affetta da nullità assoluta”. Il giudice ha aggiunto che “appare quanto meno anomalo che il soggetto che ha adottato il provvedimento finale (Cicero, appunto) abbia ravvisato la fondatezza di tutte le contestazioni mosse al Callari che, viceversa, sono state del tutto escluse dal responsabile del procedimento disciplinare”. In effetti, come viene ricordato nella sentenza, l’allora responsabile del procedimento disciplinare, alla fine dell’istruttoria aveva comunicato al vertice dell’Asi “l’insussistenza delle ipotesi di illecito disciplinare”. Insomma, secondo gli uffici che per legge avevano il compito di portare avanti il procedimento, Callari non era responsabile di alcun illecito. Nonostante ciò, Cicero decise diversamente. Anche sulla scorta di pesanti accuse. Secondo Cicero, infatti, Callari e altri dirigenti avrebbero “operato in modo scellerato, irresponsabile, illecito e hanno lasciato indisturbate di operare nelle zone industriali – con l’inaccettabile ‘gioco’ dei ritardi amministrativi e delle omissioni – diverse aziende ritenute colluse ed in odore di mafia”. Ma alcun illecito era stato ravvisato dagli uffici che hanno il compito di verificarli. E il giudice ha dato per due volte ragione a Callari. Condannando L’Asi a reintegrare il dirigente e ad assicuragli anche gli stipendi riferiti al periodo in cui è stato costretto a restare a casa.