Lo Monaco: "Siamo in dittatura | I club devono avere il potere" - Live Sicilia

Lo Monaco: “Siamo in dittatura | I club devono avere il potere”

Il patron del Messina lamenta l'attuale situazione della terza divisione professionistica, in cui il potere del presidente Macalli, e a suo parere di Claudio Lotito, minacciano la buona salute dell'intero sistema.

calcio - lega pro
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MESSINA – Pietro Lo Monaco non è di certo noto per avere dei peli sulla lingua. E anche in questa occasione il patron del Messina si lascia andare a dei commenti sicuramente poco diplomatici nei confronti dei vertici della Lega Pro. Intervistato dai colleghi di Tuttolegapro, Lo Monaco fa capire di non essere affatto d’accordo con la politica attuata nel terzo campionato professionistico, in merito soprattutto alle ultime riunioni convocate: “È la solita pantomima all’italiana che negli ultimi tempi si è acuita in una maniera abnorme – ha esordito Lo Monaco – . Oggi il calcio italiano è letteralmente gestito da un uomo solo. Le società hanno parlato chiaro: non approvando il bilancio hanno dato una risposta precisa. Hanno voglia di cambiare, di essere decisive del proprio destino dopo tanti anni di egemonia, ripeto, di un uomo solo. E lo hanno fatto usufruendo dell’arma della non approvazione del bilancio, con oltre un milione di euro di passivo. Non riusciamo a comprendere tutti i tecnicismi che sono stati sollevati per la mancanza della convocazione della nuova assemblea. Basterebbe fermarsi alla norma statutaria che impone la parità di bilancio per far capire che questa governance necessariamente deve essere oggetto delle considerazioni delle società, le vere padrone della Lega Pro. Gli ultimi anni sono stati uno sfacelo: i contributi sono scomparsi sempre di più, le società si sono assottigliate in numero sempre maggiore, fino ad arrivare una riforma che ha portato ad appena 60 squadre. Quando ci sono tutte queste negatività qualsiasi governance viene fatta oggetto di analisi. Le società hanno voglia di cambiare, vogliono avere un proprio spazio e soprattutto essere in grado di decidere. Bisogna fare una grande precisazione: non è la battaglia di Gravina o di Ghirelli, ma delle società di Lega Pro. I club vogliono gestire il calcio nella maniera giusta”.

Nel mirino di Lo Monaco, in particolare, ci sono il presidente Mario Macalli e Claudio Lotito, proprietario di uno dei club di punta del girone C, quello in cui milita il Messina: “Qua c’è una politica federale che si basa sull’accentrare tutto nelle mani di un uomo solo. E questo signore fa il bello e il cattivo tempo. Si stanno vedendo delle cose dell’altro mondo. Una volta avere due società professionistiche non era possibile (chiaro riferimento a Lazio e Salernitana in mano a Lotito). Questa normativa dov’è finita? Qua si sta bypassando tutto. Ci sono società che si vedono restituire punti di penalizzazione da un giorno all’altro. Evidentemente la longa manus dell’onnipotente arriva dappertutto. Non è possibile pensare a un cambiamento fagocitato solo ed esclusivamente dai modi di pensare e di vedere di una persona. E’ un attacco ben preciso, non mi nascondo dietro un dito. Parlo con cognizione di causa: come lo è in Lega Pro lo è in Serie A. E non dico niente di nuovo. Il mondo del calcio sta cadendo a pezzi: le squadre sono tutte indebitate, l’impiantistica sportiva è ridicola. Abbiamo solo una gran fortuna: riusciamo ancora a racimolare 1200 milioni di euro di diritti televisivi dalla Serie A. Per il resto il nostro è un calcio minore in tutti i sensi. Parliamo tanto di cambiamento. Ma quale cambiamento? Chi ha il coraggio del cambiamento? Si vedono cose assurde: invece di convocare un’assemblea ufficiale, si convoca una riunione informale”.

Alla domanda sugli eventuali accorgimenti da attuare per migliorare la situazione, Lo Monaco prova a fare un paio di proposte: “Serve portare avanti un programma che preveda la vita delle società e non la morte. Che investa a 360 gradi tutto il sistema. Le società di Lega Pro devono basarsi sulla valorizzazione dei giovani. Ma come? Mancano, ad esempio, le infrastrutture: le società devono essere messe in grado di soddisfare determinate esigenze. I settori giovanili in molti casi fanno fatica: ci sono miriadi di problemi. L’ottimizzazione dei costi deve essere esaminata a tutti i livelli. La Lega deve far sentire la sua voce: in consiglio federale la Terza Serie pesa per il 17%. Questi problemi può sembrare siano relativi alla Lega Pro. E invece no, riguardano tutto il calcio italiano. In Serie A, eliminando 3-4 squadre, ci sono tante difficoltà. Non mi si venga a dire che la Serie A non produce: solo di diritti televisivi porta a casa 1200 milioni di euro: si continua a dilapidare e sperperare. E intanto le società sono alla canna del gas. Abbiam stadi fatiscenti, nel terzo mondo sono migliori dei nostri. E continuiamo a dare l’oppio alla gente: i prestiti con obbligo di riscatto, giocatori a parametro zero che costano milioni di euro e i bilanci col tempo si appesantiscono. E’ un cane che si morde la coda ed è destinato a scoppiare. Si è pensato ad assecondare i desiderata dell’uomo solo al comando che avrebbe cambiato il calcio in 7-8 mesi. Ma questi mesi son passati e i problemi sono ancora là. Ci vuole il coraggio del cambiamento”.


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