L'omicidio all'Etna bar: le accuse contro Cocimano

L’omicidio all’Etna bar: le accuse contro Cocimano

La requisitoria del processo Thor: l'assassinio di Vito Bonanno nel 1995

CATANIA – È forse uno degli omicidi che ha destato di più l’attenzione nel 1995. La morte sembrava non inquietare più. Davanti a tanti omicidi, il sangue aveva assunto il colore del quotidiano. L’indifferenza catanese, che si voltava dall’altra parte. Con quel tormentone “tanto si ammazzano tra loro” che faceva accapponare la pelle. Quel 19 ottobre 1995 però qualcosa ha risvegliato le coscienze. Forse il fatto che gli spari sono arrivati proprio davanti all’Etna Bar, un locale molto frequentato, hanno fatto capire che le pallottole avrebbero potuto colpire chi non c’entrava niente in quelle guerre di mafia. 

Vito Bonanno è stato ferito mortalmente da due colpi calibro 3,57 magnum. Già sono stati condannati per questo omicidio Maurizio Zuccaro e Santo La Causa, che si è autoaccusato. Con le nuove rivelazioni di Francesco Squillaci sono finiti alla sbarra Benedetto Cocimano e Vincenzo Santapaola (figlio di Turi), che sta affrontando il rito ordinario.  

Bonanno faceva parte del gruppo di Guidotto di San Giovanni Galermo. Già – ha raccontato il pentito Martiddina – doveva essere ucciso nel 1994. C’era il piano di sterminare tutti gli ex del clan del Malpassotu (Giuseppe Pulvirenti, nrd) che non si fossero allineati con i Santapaola. Ma essendo latitante non sarebbero riusciti a trovarlo. Squillaci ha avuto informazioni sull’assassinio di Bonanno direttamente da Enzo Santapaola, figlio di Turi, in carcere. Ad ammazzarlo sarebbe stato il gruppo di Maurizio Zuccaro. Sarebbe stato incaricato Benedetto Cocimano in quanto il gruppo di Guidotto sarebbe stato responsabile dell’omicidio del fratello. Insomma Cocimano avrebbe avuto buoni motivi per vendicarsi. Addirittura sarebbe stato il suo primo omicidio. Una sorta di “battesimo” di mafia. 

La testimonianza principale per questo omicidio l’ha resa sicuramente Santo La Causa, uno dei protagonisti. “Ha raccontato di aver fatto parte del gruppo di fuoco”, ha ricordato Liguori al gup. “Enzo Santapaola avrebbe mandato a dire al cognato Maurizio Zuccaro di uccidere tutti gli appartenenti del clan Malpassotu per vendicarsi della collaborazione di Giuseppe Pulvirenti”. 

L’occasione sarebbe arrivata quando durante una sorta di riunione avrebbero comunicato a Zuccaro che un tale Vito si trovava all’Etna Bar. Il boss ha ordinato a Cocimano di uscire subito per ammazzarlo. “Nella Fiat Uno rubata c’erano Cocimano, La Causa armato di una 9 per 21, e Maurizio Signorino (poi morto) armato di una pistola a tamburo calibro 38. Cocimano non era armato, Zuccaro non voleva fargli sporcare le mani”. Alla fine, secondo la ricostruzione di La Causa, avrebbe sparato Signorino. 

Di questo omicidio ne parlano anche altri collaboratori di giustizia come Angelo Mascali, Giuseppe Mirabile, Ferdinando Maccarrone. Quest’ultimo ha raccontato che Lello Quattroluni avrebbe dato la responsabilità a La Causa dell’omicidio e addirittura ci sarebbe stato un piano per ammazzarlo in quanto Vito Bonanno è vero che faceva parte del gruppo di Guidotto, ma era pur sempre un Santapaola. 

Anche se non tutti sono in grado di puntare il dito contro Cocimano, comunque “inquadrano l’omicidio  – ha ribadito Liguori nel corso della discussione – come commesso dal gruppo di fuoco di Maurizio Zuccaro di cui l’imputato ne era componente”. 


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