RAFFADALI – Omicidio aggravato dalla premeditazione e dall’aver commesso il fatto contro un discendente. Emerge un interessante particolare tra le carte dell’inchiesta sull’omicidio di Gabriele Rampello, 24enne ucciso a pistolettate dal padre-poliziotto nel centro della piazza di Raffadali lo scorso 1 febbraio. La Procura di Agrigento, nel notificare il decreto di convalida a Gaetano Rampello, 57enne assistente capo della Polizia di Stato, aggiunge un nuovo tassello mettendo nero su bianco la contestazione dell’aggravante di aver agito con la premeditazione. Un passaggio non da poco considerando la confessione resa dall’indagato subito dopo essere stato fermato dai carabinieri: “Dopo l’ennesima richiesta di soldi sono andato in cortocircuito e ho ucciso mio figlio”.
La ricostruzione dei fatti
Una ricostruzione dei fatti, quella di Gaetano Rampello, che evidentemente non convince fino in fondo il sostituto procuratore Chiara Bisso, titolare del fascicolo d’inchiesta. Ulteriori indagini sono ancora in corso e verranno scrupolosamente analizzati tabulati telefonici e soprattutto le telecamere del comune di Raffadali e e di altri esercizi commerciali che hanno ripreso il delitto. Il poliziotto, difeso dall’avvocato Daniela Posante, comparirà questa mattina davanti il gip del tribunale di Agrigento Micaela Raimondo per la convalida dell’arresto. La Procura di Agrigento ha già disposto l’autopsia sulla giovane vittima e venerdì pomeriggio affiderà l’incarico al medico legale Alberto Alongi. Gaetano Rampello, poliziotto di lungo corso, dopo esser stato arrestato dai carabinieri ha immediatamente confessato fornendo la sua versione dei fatti: “Gli davo 600 euro al mese ma non bastavano mai, mi picchiava e minacciava. So di aver commesso un atto di grande disvalore sociale ma ho avuto un cortocircuito”.
“Confidiamo nella giustizia”
Almeno quattordici i colpi esplosi all’indirizzo del figlio Gabriele con la pistola di ordinanza. Poi si è seduto su una panchina e ha atteso l’arrivo dei carabinieri. Intanto i familiari della vittima – la madre Maria, la nonna Francesca e lo zio Giuseppe – rompono il silenzio con una nota stampa affidata ai legali di fiducia Pietro Maragliano, Tatiana Pletto e Alberto Agiato: “Confidiamo nella giustizia e nell’attività investigativa in corso. Restiamo a disposizione per fornire ogni contributo utile affinché Gabriele possa avere giustizia. Nessun commento sul tragico evento nonché in merito al responsabile perché questo lutto merita di essere rispettato con silenzio. Nessuna ipotetica giustificazione potrà mai legittimare un padre che priva il figlio della propria vita.”