L'omicidio del ribelle, poi la fuga | Il delitto Canu minuto per minuto - Live Sicilia

L’omicidio del ribelle, poi la fuga | Il delitto Canu minuto per minuto

La scena del ritrovamento del cadavere di Antonio Canu

Dal nuovo numero di S in edicola. La Procura ricostruisce il caso irrisolto dal 2006. Secondo il pentito Sergio Flamia nel commando c'erano Michele Modica ed Emanuele Cecala. Per il primo, però, l'accusa è caduta.

MAFIA - La ricostruzione
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PALERMO – L’omicidio e la fuga, passando dai paesini della provincia di Palermo. In aula va in scena la ricostruzione, mappa alla mano, del piano che sarebbe stato organizzato dai presunti killer di Antonio Canu, ucciso a colpi di pistola il 27 gennaio 2006 e ritrovato cadavere nelle campagne di contrada Minnulidda, fra Sciara e Caccamo.
La mafia saldò il conto con Canu il ribelle, un conto aperto sette anni prima.

I boss avevano cercato di ucciderlo simulando un incidente stradale. Da allora, Canu iniziò ad essere “un morto che cammina”, come lo definì il collaboratore di giustizia Nino Giufrrè, padrino di Caccamo e braccio destro di Bernardo Provenzano. Perché il “Tribunale di Cosa nostra” l’aveva giudicato colpevole di organizzare furti senza autorizzazione.

Per anni del delitto nulla si è saputo. Almeno fino a quando non ha iniziato a collaborare con la giustizia Sergio Flamia, mafioso di Bagheria che ha tirato in ballo Michele Modica ed Emanuele Cecala. Entrambi furono arrestati nel blitz “Reset” dei carabinieri, ma per il primo, davanti al Tribunale del Riesame, cadde l’accusa di omicidio. Un’accusa che il pubblico ministero Francesca Mazzocco, ora che il processo nato da quel blitz è alle battute finali, ha riportato in aula.

La ricostruzione parte dal fatto che Canu sarebbe stato ucciso in un luogo diverso da quello in cui fu abbandonato il cadavere. La ricostruzione finita al centro delle indagini inizia quando scoccano le 16,01 del 27 gennaio. Emanuele Cecala contatta al telefono Michele Modica. Lo invita a raggiungerlo ad un appuntamento. Pochi minuti più tardi, alle 17,40, è Canu a dire allo stesso Cecala che sarà lì nel giro di un’ora. È l’ultima volta che sulle bobine degli investigatori finisce la viva voce di Canu. Il telefonino, da quel momento in poi, non riceverà né trasmetterà più. Certamente, annotano gli inquirenti, Canu andò all’appuntamento “in quanto la sua autovettura (una Volkswagen Golf di colore bianco) era stata notata parcheggiata nella piazza Matrice di Caccamo”.

Dall’analisi delle intercettazioni telefoniche, dagli incroci dei tabulati e seguendo le celle agganciate dai cellulari dei protagonisti della giornata (erano controllati, oltre che dai carabinieri, anche dai poliziotti della sezione antidroga della Squadra mobile) il pubblico ministero ritiene di avere tracciato tutte le tappe della fuga da contrada Mindulidda. Inizialmente il piano prevedeva che il gruppo di fuoco si riunisse con Antonino Cecala, fratello di Emanuele, nei “garage” di contrada Canalicchio-Guardiola, in una strada sovrastante la circonvallazione, dove Emanuele Cecala possedeva dei magazzini. Lì sarebbe stato individuato il momentaneo nascondiglio per l’auto, una Seat Ibiza, utilizzata per l’omicidio. Il piano prevedeva inoltre che Modica ed Emanuele Cecala rientrassero a Caccamo percorrendo la strada statale 285 e successivamente la circonvallazione.
La loro posizione viene localizzata sul ponte della ferrovia di contrada Mindulidda (qui, stando alla ricostruzione, si trovavano Modica, Emanuele e Giuseppe Cecala, un altro fratello) e in contrada Canalicchio di Caccamo (Antonio Cecala). Ci si giunge analizzando la conversazione telefonica in cui Emanuele chiede al fratello Antonino di fare una verifica per lui: “Vedi là nella circonvallazione se si può passare, se posso passare”. Risposta: “Va bene andiamo… buono”. Non c’erano ostacoli lungo la via. “…E nn’iuncemo da o garage”, aggiunge Emanuele. Il fratello Antonio riattacca subito dopo questa frase, mentre il telefono di Emanuele resta acceso. “Minchia – si sente nelle intercettazioni – già ha staccato, chiamalo di nuovo”. A questo punto, nelle intercettazioni si sente il rumore di una macchina impegnata in una manovra di retromarcia: “Esattamente sul ponte della ferrovia (dove sono state rilevate le grosse macchie di liquido ematico) – sottolinea il pubblico ministero – nel tratto in discesa in cui termina la strada. Per ritornare indietro è necessario effettuare obbligatoriamente la manovra in retromarcia”. Il telefono di Michele Modica, utilizzato in quel momento da Emanuele Cecala, attiva la cella di “Montemaggiore Belsito, Contrada Lastricelli, Cozzo Vento”. Si tratta della stessa cella che viene impegnata se ci si trova sul luogo nel quale è stato poi ritrovato il cadavere.

Alle 19,03 del 27 gennaio, però, i protagonisti decidono di cambiare l’itinerario. Decidono di imboccare la strada che conduce al lago Rosamarina. È la prima, secondo il pubblico ministero, di una serie di tappe: “Accompagnare Michele Modica al bivio Burgio (detto Sperone nelle campagne di Caccamo), quindi a Trabia e infine nella sua abitazione di Altavilla Milicia; permettere ad Emanuele e Giuseppe Cecala di lasciare la Seat Ibiza per salire sulla macchina del fratello Antonino”. Alle 19,10 il telefono di Antonino Cecala squilla di nuovo. È Emanuele a telefonargli: “Ti dico io… ascolta… avvicina là… da quello là alla diga, quello là… dei cavalli, scendi di là, che scendiamo direttamente verso là…”. Il riferimento è un centro polisportivo. Solo che Antonio, però, sbaglia il luogo dell’incontro e arriva in un vicino abbeveratoio: “Minchia, io ero da questo lato io… – dice, ancora una volta facendo finire la sua voce sulle bobine delle intercettazioni – andiamo dai… sto venendo”. Michele Modica, Emanuele e Giuseppe Cecala iniziano a dirigersi verso bivio Sperone: “Eh! Andiamo vieni che io aspetto a te qua, nella strada qua che si sale per, per lo Sperone. L’ultima localizzazione è delle 19.03, Michele Modica si trova nella zona “contrada Sant’Onofrio di Trabia”.

Poi, le tracce si perdono. Il piano di fuga, secondo il pubblico ministero, è ultimato. Basterà questa ricostruzione a fare reggere l’accusa di omicidio contestata a Michele Modica ed Emanuele Cecala, considerato che la tesi dell’accusa non ha retto al vaglio del Tribunale del Riesame?


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