Luca Parmitano, | un siciliano tra le stelle - Live Sicilia

Luca Parmitano, | un siciliano tra le stelle

Luca Parmitano

Il catanese Luca Parmitano, astronauta dell'Agenzia spaziale europea, decollerà questa sera a bordo dell'astronave Soyuz dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan. Il maggiore dell'Aeronautica italiana, aveva rilasciato un'intervista alla nostra redazione nel numero 81 di I love Sicilia. GUARDA LA FOTOGALLERY QUI

DA I LOVE SICILIA
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6 min di lettura

PALERMO- Pacato, equilibrato, modesto e con una risata molto rumorosa. Dice di essere una persona “normale”, ma forse andrebbe rivisto il concetto di “normalità”. Luca Parmitano, nato a Paternò il 27 settembre del 1976, è un astronauta dell’Agenzia spaziale europea. E già questo basta per inserirlo a pieno titolo nella top ten dei sogni di un bambino. Ma c’è di più. Perché Luca è maggiore dell’Aereonautica italiana e sarà il sesto italiano nello spazio e il primo siciliano a lavorare presso la Stazione spaziale internazionale. La data è già fissata: 29 maggio 2013. Sei mesi ancora e Luca partirà (sarà co-pilota della navetta russa Soyuz) per trascorrere altri sei mesi a bordo della stazione. Il nome della missione è “Volare”, un omaggio a Domenico Modugno e alla sua “Nel blu dipinto di blu”, canzone simbolo dell’Italia nel mondo. Ma come dicevamo prima, tutto assolutamente “normale”…

Da piccolo cosa sognava di diventare? Perché l’astronauta è un classico tra i bambini…
“Di fatto lo è. E così è stato anche per me. Così, quando mi chiedevano cosa volevo fare da grande rispondevo sempre l’astronauta. Del resto è così che nascono i sogni”.

Un sogno divenuto realtà
“Per molti anni è stato semplicemente un sogno. Per noi europei è ancora più complicato perché i concorsi sono pochi. Io ho vinto quello del 2008 che è durato circa un anno con prove multiple di selezione. Prima di questo ne avevano fatto un altro 16 anni prima”.

Qual è la parte più difficile del suo lavoro?
“Non parlo mai di difficoltà. Noi ci addestriamo e lavoriamo come ingegnere, pilota, idraulico, biologo, medico. Sono aspetti differenti di un unico lavoro. Siamo pronti a fare ogni cosa e poi, come è normale che sia, anche se poi ciascuno si trova maggiormente a proprio agio con il profilo che ricopre. Per me che sono un pilota, l’abitacolo della navetta spaziale è come se fosse il mio ufficio. Quando lavoro in laboratorio devo prima adattarmi, ma questa diversità è uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro: non c’è spazio per annoiarci”.

In che cosa consiste l’addestramento?
“Sulla stazione abbiamo la necessità di fare attività sportiva due ore al giorno. Essere in assenza di peso ha effetti molto deleteri sui muscoli e sulle ossa, quindi prendiamo delle contromisure per minimizzare il rischio di osteoporosi e atrofizzazione muscolare. A terra, invece, ci addestriamo nel condurre esperimenti scientifici, nella manutenzione della stazione e a pilotare la navetta”.

Segue un particolare tipo di dieta?
“A terra non è necessario, basta mantenersi in forma. Sulla stazione abbiamo soltanto cibo particolare preparato per lo spazio: cibi disidratati sottovuoto o in scatola. Quando arrivano le navette cargo ci portano frutta fresca e ortaggi freschi ed è una bella sorpresa”.

Come si fa per sei mesi a mangiare cibo disidratato sottovuoto?
“Certo non è la pasta al forno della nonna, ma rispetto ai disastri che combino in cucina preferisco quello che c’è nella stazione glielo garantisco!”.

Lei ha girato il mondo per il suo addestramento e la sua formazione. Ma quale posto chiama casa?
“Casa è dove si trova la mia famiglia. Al momento mia moglie e le mie figlie vivono vicino la Nasa, a Houston”.

Una curiosità, dove e come ha conosciuto sua moglie?
“A 16 anni sono stato uno ‘studente di scambio’ al quarto anno di liceo. Sono stato in America e lì ho conosciuto Kathy. Stiamo insieme da allora”.

Un rapporto sempre a distanza…
“Sì. Questa è la parte più difficile, ma tutto ha un prezzo. Io perseguo un obiettivo che, per loro, è un sogno riflesso. Senza il loro supporto non avrei mai potuto fare quello che ho fatto. Non è un viaggio che si può fare da soli”.

Le bambine quanti anni hanno? Immagino come sia per loro motivo di orgoglio dire che il loro papà è un astronauta
La piccola Maia non ha ancora compiuto tre anni, mentre la grande, Sara, ha sei anni e va già a scuola. Vivendo a Houston avere il papà astronauta non è una cosa così particolare. In realtà io cerco sempre di non dare particolare risalto al mio lavoro, mi piace pensare di essere una persona normale con il privilegio di fare qualcosa di straordinario”.

Cosa si porterà sulla stazione?
“Ancora non ho avuto molto tempo per pensarci. Una delle cose che mi porterò sicuramente è del cibo italiano, mi piace poter condividere la mia cultura e ravvivare un po’ l’atmosfera. Infatti porterò anche una chitarra (vedi box, ndr). Non che sia un musicista ma mi piace strimpellare. E poi sicuramente le foto della mia famiglia e degli amici e il mio anello di matrimonio”.

In quanti sarete durante la spedizione?
“Saremo in sei. Viaggeremo su due navette da tre posti ciascuna”.

Come si convive con altre persone per un periodo così lungo?
“Viviamo insieme e ci addestriamo insieme sempre. Siamo un equipaggio molto integrato”.

Russi e americani litigano spesso?
(Alla domanda segue una sonora risata, ndr) “Tra astronauti c’è molta determinazione, ognuno vuole fare bene il proprio lavoro. Ma la competizione è positiva, l’equipaggio lavora bene insieme”.

Quanto la rende orgoglioso essere il primo siciliano impegnato in una missione a bordo della Stazione spaziale internazionale?
“In tutta onestà essere siciliano o essere italiano è irrilevante. Come per me non è molto rilevante essere il primo o il secondo o il terzo. L’importante è fare bene e cercare di fare del proprio meglio. L’orgoglio è tutto interiore, è la soddisfazione di fare un lavoro ben fatto e avere contribuito a importanti scoperte che ci porteranno sempre più lontano”.

Quanto costa una missione del genere? Non pensa che in un momento così critico per l’economia europea queste risorse potrebbero essere impegnate diversamente?
“Sono molto contento che mi faccia questa domanda. Le rispondo con un paragone. Con i soldi che ha investito l’Europa nella Stazione spaziale internazionale avremmo potuto costruire 250 chilometri di autostrada. Per quanto riguarda i soldi che vengono dal pubblico, chi fuma spende dieci volte di più in sigarette che per finanziare i programmi spaziali italiani. In più noi creiamo scienza, tecnologia, pensi che gli investimenti hanno un ritorno del 700%. Inoltre il 40% dei moduli abitativi della stazione sono stati costruiti in Italia e il corpo centrale di una nuova navetta di trasporto verrà pure realizzato nel nostro paese. Come vede creiamo anche occupazione”.

C’è qualcosa di cui ha paura?
“Se c’è qualcosa che mi dà preoccupazione è la salute delle mie bambine”.

E qualcosa di cui si è pentito?
“Nulla”.

Dopo una missione spaziale c’è ancora posto per nuove sfide?
“Certo, c’è sempre posto. La sfida è tutta interiore, non viene dal volo spaziale; è una sfida contro se stessi. Mi diletto a fare sport e spero di poter partecipare a gare impegnative nel Triathlet. E poi ho 36 anni, ritengo di poter volare ancora”.

(Intervista di Azzurra Sichera)

 


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