Ma ci vuole coraggio - Live Sicilia

Ma ci vuole coraggio

E' impressionante leggere le dichiarazioni di buona parte dei cosiddetti leader politici. Parlano di rimpasto, di rilancio, di aggiustamenti, di tavoli intorno ai quali ridefinire le priorità e le riforme da avviare, ed altre espressioni così maleodoranti di vecchia politica utili per mantenere tutto così com'è.

L’abbiamo scritto in un precedente articolo, su quanto accaduto sulla vicenda del Piano Giovani saranno gli organi preposti ad accertare il dovuto. Intanto, il giornalismo d’inchiesta sta facendo bene il suo lavoro mettendo in luce carenze, contraddizioni, bugie, l’inadeguatezza complessiva, fatte salve le immancabili eccezioni, di un’intera classe dirigente.

Le condizioni sociali ed economiche della Sicilia costituiscono, ormai, idonee premesse per l’esplosione di pesanti conflitti sociali, di vere e proprie rivolte, determinati dalla mancanza di lavoro e dalla espansione delle nuove povertà, non più risolvibili nemmeno con i metodi clientelari di un tempo. E’ da pericolosi irresponsabili non rendersene conto o far finta di non capire il livello di guardia raggiunto, chiusi nel palazzo dorato dei privilegi, delle ricche indennità, affaccendati nei soliti intrighi e scontri di potere. E’ impressionante leggere le dichiarazioni di buona parte dei cosiddetti leader politici. Parlano di rimpasto, di rilancio, di aggiustamenti, di tavoli intorno ai quali ridefinire le priorità e le riforme da avviare, ed altre espressioni così maleodoranti di vecchia politica utili per mantenere tutto così com’è.

Chi, in Sicilia, ieri ed oggi, ha davvero voluto e vuole il cambiamento per un’autentica rivoluzione? Dai fatti emerge, con desolante evidenza, la risposta. Pochi si sono preoccupati di fare la vera rivoluzione, che preliminarmente è culturale, per inaugurare un modo d’intendere e di praticare la politica che guardi esclusivamente al bene comune e che compia, all’occorrenza, netti gesti di discontinuità con il passato. Non abbiamo potuto sperimentare, nelle stanze in cui si decide, una politica all’altezza di avere una visione, un progetto, che ci abbia fatto uscire dal girone infernale della periferia dell’impero, dal sottosviluppo endemico, dalla disoccupazione devastante, dalla mancanza cronica di infrastrutture, dall’abbraccio mortale tra mafia e politica, mafia ed economia, mafia e colletti bianchi.

Sembra che i siciliani, complici loro stessi, quando sovente hanno segnato, nel segreto dell’urna, i nomi dei peggiori politicanti nella malata convinzione che fosse giusto soddisfare qualche esigenza privata anche a discapito di chi avrebbe avuto un maggiore diritto, anche a costo di compromettere la qualità etica del voto, siano condannati a vivere in un eterno e maledetto presente. Adesso? Adesso dovrebbe essere la politica a tirarci fuori dal baratro in cui ha contribuito a gettarci, è la politica, partiti e istituzioni, che deve decidersi di offrire, per una volta, il meglio di sé, se un meglio ce l’ha, assumendosi la responsabilità di scelte coraggiose, non condizionate dal destino dei singoli da cui non è pensabile fare dipendere le sorti di un popolo di cinque milioni di anime.

E’ giunto il momento delle scelte coraggiose. Chi governa deve valutare oggettivamente se non sia arrivata l’ora, al di là di colpe o ragioni soggettive, dando una lezione di responsabilità a chi privilegia l’annacamento per scongiurare il rischio di perdere una posizione personale di comodo, di rimettere la palla al centro riconsegnando ai cittadini smarriti ed esausti la regia del gioco. Chi ha ruoli nelle istituzioni e nei partiti deve finalmente decidersi di giudicare chi governa secondo il suo operato e non in funzione della categoria amico/nemico o degli interessi di bottega. Di ciò, della capacità o meno di agire secondo coscienza e non secondo convenienza, ne risponderemo un giorno, neanche tanto lontano, dinanzi ai nostri figli, dinanzi alle future generazioni.


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