Non ci piace il vento che arriva da Catania. E’ un’aria ancora ammorbata di veleni, di risposte non date, di finte solidarietà. Non ci piace il clima quasi festaiolo che accomuna gli avvocati difensori del presidente Lombardo (“Visto? Era tutta una bufala dei media”), i pd un tempo tignosi e severi (“La politica si dia un codice etico, complimenti nel frattempo ai magistrati”), gli esponenti del Mpa che cantano vittoria, terrorizzati da un possibile ordine di custodia per il loro esponente di spicco. Sembra quasi di rivivere i momenti in cui l’ex presidente Cuffaro festeggiava dopo la condanna a cinque anni per favoreggiamento (“Visto, non mi hanno dato le aggravanti?”) o in cui il senatore Marcello Dell’Utri se ne usciva con sorrisini e battute farneticanti dopo la conferma in appello del verdetto per concorso esterno (“Confermo: Mangano è il mio eroe”). Certo, lì eravamo di fronte a sentenze di un tribunale, qui ci troviamo davanti ad un’indagine preliminare. Ma il fatto che oggi sia arrivata la conferma che il presidente della Regione Raffaele Lombardo sia indagato per associazione mafiosa – conferma che arriva dopo molti distinguo, fughe di notizie, precipitose smentite – è secondo noi un fatto politicamente e giudiziariamente che non può essere liquidato con un sospiro di sollievo. Il nostro inviato a Catania, Riccardo Lo Verso, sta leggendo le carte della ponderosa ordinanza e scriverà tra qualche minuto un resoconto puntuale e per certi versi inquietante. I riferimenti ai fratelli Lombardo sono numerosi e circonstanziati.
Quel che ci preme sottolineare, ora, però, è che Lombardo resterà ancora per chissà quanto tempo “ostaggio” di un’inchiesta che, come hanno sostenuto i magistrati del pool catanese, continua. Cinque anni di indagini, evidentemente, non sono bastati agli inquirenti per decidere se Lombardo e il suo entourage sia colluso o meno con quella zona grigia di imprenditori, faccendieri e mafiosi che ha fatto il bello e il cattivo tempo alle falde dell’Etna. Su cos’altro si dovrà indagare su Lombardo, se come ha detto il procuratore D’Agata, non si è ritenuto, “allo stato, adottare alcuna iniziativa processuale nei suoi confronti”.? Che significato dare a quel “allo stato”? Significa che Lombardo sarà attenzionato, passo dopo passo, su ogni provvedimento che intenderà adottare? Significa che la Procura gli sta dando una sorta di prova d’appello per capire se i sospetti di cinque anni d’indagine rimarranno tali? Significa che da qui a qualche mese, magari grazie alle rivelazioni di qualche altro politico o dagli sviluppi che arriveranno dai 50 arresti di oggi, il quadro probatorio potrebbe risultare più pesante per il governatore? Tutte domande che resteranno senza risposta. E che ci consegnano un presidente della Regione indagato e dimezzato. Con quale serenità Lombardo potrà governare da oggi in poi? Meglio sarebbe stato, da parte della Procura catanese, tagliare il filo dei sospetti chiedendo l’archiviazione della posizione per il governatore. Non averlo fatto sa di compromesso. Festeggiare per una mezza verità è ancora peggio.