La spola di Rosario Crocetta tra Palazzo dei Normanni e piazza principe di Camporeale, sede degli uffici del Commissario dello Stato resterà l’immagine simbolo di questa strampalata sessione d’Aula per l’approvazione della manovra ter. Tra inciampi, scivoloni, riscritture continue, sconfessioni del governo da parte della sua similmaggioranza, è proseguito fino a tarda notte il cammino incerto di questa manovra che corregge la correzione della finanziaria, quella originale, falcidiata a inizio anno dallo stesso Commissario dello Stato. A forza di toppe per ricucire gli strappi e bianchetto per cancellare i tanti errori, ci siamo ritrovati ad agosto, con una Sicilia che boccheggia, soffocata da continue emergenze. A furia di tirarla, la coperta troppo corta dei malconci corti regionali si è sempre più sfilacciata. Così come la variegata maggioranza messa su in questi mesi attorno al governo, una formazione ben poco omogenea che ha smontato pezzo per pezzo quasi tutte le misure su cui la giunta, anche da un punto di vista mediatico, aveva puntato maggiormente.
In questo poco confortante spettacolo, il carico da undici lo ha calato ieri ancora una volta il prefetto Carmelo Aronica, che ha rispedito al mittente il rendiconto dell’esercizio finanziario 2013. L’ennesimo smacco per la Regione, la fotografia impietosa di un’amministrazione incline al pasticcio, che necessita di continui richiami, come quello piovuto sul governo l’altroieri quando in zona Cesarini si è scoperto che i conti sui quali si fondava il terzo tentativo di finanziaria erano stati fatti senza l’oste.
Nel frattempo, mentre ieri dentro il Palazzo i deputati si accapigliavano sulle prebende della ex tabella H, fuori dalle dorate stanze del parlamento il bollettino medico del malato terminale Sicilia continuava nei suoi disastrosi termini, con ulteriori notizie di aziende chiuse e lavoratori finiti per strada e gli istituti di ricerca snocciolavano dati freschi freschi sulla tragedia della disoccupazione fuori controllo. Il tutto in una regione in cui un’idea di sviluppo latita, le risorse sono prosciugate per garantire una mostruosa spesa corrente costruita su clientele abnormi e ormai insostenibili, e gli ultimi soldi rimasti a disposizione, ossia quelli arrivati dall’Europa, si preparano a tornare mestamente a Bruxelles.
Alla fine, la manovra è stata approvata all’alba. Ha messo un po’ d’ordine nei conti, ha garantito un bel po’ di stipendi, ha rinunciato a quasi tutto il resto. Insomma, lo stipendificio per il momento è salvo. Il resto si getta alle ortiche in attesa della fine dell’estate. Poi si vedrà, sempre che una nuova emergenza lasci il tempo di ragionarci su.
Rosario Crocetta ha ripetuto più volte che il disastro in cui sprofonda oggi la Sicilia affonda le sue radici nelle gestioni scellerate che lo hanno preceduto. Negarlo è molto difficile e lasciano perplessi certi nostalgici rimpianti per i governi che hanno affollato i conti della Regione di forestali, formatori di una formazione servita a nulla se non a garantire stipendi, e personale di partecipate di dubbia utilità. Ciò non di meno, l’ennesimo spettacolo desolante di questi ultimi giorni, racconta che la cura a questi mali sembra stia accelerando la morte del paziente.
Il segretario regionale della Cisl l’altroieri parlava di un governatore che ha esaurito il suo percorso. L’impressione, a vedere quanto accaduto a Palazzo dei Normanni, è proprio questa. Ma c’è da farsi poche illusioni su una presa di coscienza collettiva di questa realtà sempre più evidente. L’istinto di conservazione della poltrona, in Sicilia come altrove, è una forza della natura più potente del buon senso. Ma possono davvero accettare i siciliani altri tre anni di agonia scanditi da scene come quelle viste nelle ultime 48 ore? Noi riteniamo di no e speriamo che qualcuno trovi il senso di responsabilità per assumere dei provvedimenti. Un bus navetta tra piazza del Parlamento e piazza Principe di Camporeale non basta.