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Ma le borse torneranno a scendere

La Nota sui mercati
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15 min di lettura

ECONOMIA: febbre gialla
Inequivocabili giungono dalla Periferia del mondo i primi segnali del mastodontico processo di inflazionamento scatenato dai governanti. Basta guardare alle loro borse che dall’inizio dell’anno, mentre in Occidente ancora si celebravano mediaticamente le lacrime e il sangue della più grande crisi dal dopoguerra, hanno realizzato: Shanghai Composite+ 33% Taiwan Taiex + 20%  il russo RTS index + 18% Brasile + 18% Sud Corea + 14%, Indonesia + 11%, Filippine + 8%, Hong Kong + 9%,  India+ 7%. Ed anche gli obbligazionari , correlati al rischio, hanno segnato robusti cali dei rendimenti, ad esempio in Brasile – 60 cts., in Messico- 100 cts.
Questa settimana il G20 ha continuato a schiacciare a manetta sul pedale  dell’inflazionamento globale, ridisegnando e ampliando il ruolo del Fondo monetario internazionale, fino a oggi esclusivamente dedito ad aiutare paesi in via di sviluppo, quando in crisi, e che invece da ora in poi estenderà il suo raggio di azione anche ai paesi sviluppati, con il grosso del mezzo trilione di risorse aggiuntivo che andrà ad Europa, USA e Giappone. In questa epoca di numeri giganteschi, l’ulteriore 1,1 trilione di prestiti e garanzie per programmi di salvataggio, non fa impressione a prima vista; ciò non di meno si tratta di un incredibile caso di un istituzione (FMI) virtualmente considerata morta che torna sulla scena conquistando un influenza più grande che mai, perchè potrà decidere discrezionalmente come impiegare questo quasi trilione di risorse che si ritrova, ivi incluso il potere di stampare la sua “moneta”, vale a dire i Diritti Speciali di prelievo, che da semplice unità di conto si trasformano per 250 miliardi in addizionale carta distribuita alle nazioni membre sia grandi che piccole. Insomma, non basta l’inflazionamento del dollaro , dello yen, della sterlina, e  probabilmente dell’euro,  ora c’è anche quello diretto dei DSP, esplicitamente richiesto da cinesi e russi che lo vedono come un primo passo verso un futuro ruolo di moneta di riserva internazionale al posto del dollaro.
I commentatori hanno messo in evidenza che il G20 del 2 aprile segna il primo passo verso un nuovo ordine mondiale meno USA centrico, con nuovi paesi che guadagnano influenza. Dicono anche che i giorni degli americani che dettano le agende del G5, poi G6, poi G7 ed ora G8, sono finiti, insieme con le nuove dinamiche di potere del ben più ampio G20. Avendo accumulato trilioni di riserve prevalentemente in dollari, durante gli anni della Bolla,  Cina, Russia, India, Brasile, OPEC ed altri oggi hannno indubbiamente un potere senza precedenti, il potere dei grandi creditori e possono quindi pretendere una maggiore influenza quando si tratta di stabilire le sorti del mondo. Per contro, l’influenza USA si è corrispondentemente ridotta: chi chiede l’elemosina con il cappello in mano non può più imporre i suoi diktat alla Periferia del mondo. Ma c’è un grosso problema, direi di tipo culturale. I nuovi potenti hanno idee e teorie esattamente identiche a quelle del vecchio padrone angloamericano, ed in più hanno la tipica inesperta esuberanza dei nuovi arrivati al tavolo delle decisioni. Per cui è molto probabile che  in questa futura “era” la prospettiva della struttura globale monetaria diventi sempre più disordinata ed inflazionistica.  Si potrebbe pensare che il Centro ha fatto un tale pasticcio sulla finanza globale che uno spostamento di potere verso la Periferia non può fare andare le cose peggio di così.
Invece , dal punto di vista creditizio, vi sono importanti sfumature da registrare. Per decenni il sistema basato sul dollaro ha frenato i sistemi creditizi periferici; poi è fallito nella gestione del sistema creditizio americano e questo ha portato al fallimento di tutta la struttura monetaria mondiale, inflazionando anche i sistemi periferici. Il ciclo disfunzionale ha visto un alternarsi di boom e di contrazioni, con la Periferia inondata da flussi di moneta “calda”, cioè impiegata a brevissimo termine per scopi speculativi, da cui ha finito per divenire dipendente e disturbata al contempo. Oggi sente l’esigenza di fare qualcosa in proposito e cerca di divenire  priva di costrizioni esterne. Qualcuno può immaginare che in futuro la moneta di riserva mondiale abbia stampata la faccia di  Mao Tse-tung invece che quella di George Washington? Anche se ho già illustrato le mie perplessità in materia, è possibile che i cinesi si stiano preparando per quel giorno. A piccoli passi. Di recente hanno iniziato a rendere più internazionale l’uso dello yaun, e più centrale la borsa di Shanghai; dallo scorso dicembre hanno fatto accordi con sei paesi incluso la Corea del Sud , la Malesia ed ora l’Argentina, per poter scambiare le valute, in modo da ottenere che quella cinese possa essere usata dai sistemi bancari di questi paesi. Ciò consente alle imprese estere di pagare per le merci importate dalla Cina direttamente in yaun, senza più passare dal dollaro. Pechino sta anche prendendo iniziative affinchè lo yaun sia usato nel regolamento di conti tra le province cinesi e i paesi confinanti, promuovendo anche prestiti ed investimenti in questi paesi fatti in yaun.
I media  sono pieni di commenti che parlano del declino degli USA e dell’ascesa della Cina. Nessuno si preoccupa però di valutare quali saranno le conseguenze inflazionistiche a breve di questo affiancamento; peggio, la maggioranza ancora “vede” solo il rischio deflazione dell’attuale momento di crisi acuta, mentre il vero rischio è esattamente l’opposto. Quando nel 2000 scoppiò la bolla tecnologica, ci fu un immediato passaggio di testimone a quella che sarebbe diventata la ancora più micidiale bolla ipotecaria, e la maggioranza non solo non lo considerava un problema , ma neanche ne percepiva l’ampiezza. Allo stesso modo oggi la maggioranza ignora  l’immensa bolla globale della finanza pubblica, e il suo enorme potenziale inflazionistico,  nuovo passaggio di testimone, per controbilanciare lo scoppio della bolla ipotecaria e finanziaria, così come nel 2002 si fece per compensare lo scoppio di quella tecnologica. Stessi uomini, stesse teorie, stesse reazioni pavloviane, stessi errori e quindi stesse conseguenze disastrose facilemente prevedibili. Oltre alla stessa Cupola, abituata a orchestrare boom e contrazioni per guadagnarci sopra.
L’ intensità e la durata della nuova bolla possono essere oggetto di stime diverse, ma non c’è dubbio che la resurrezione del FMI è uno sviluppo che va nella direzione di aumentare l’inflazionamento,  come il maggior peso della Periferia, e in particolare della Cina, le cui manovre e la cui logica sono  quelle usate in passato dagli occidentali. I gialli insomma arrivano sì sulla scena, ma hanno purtroppo imparato la lezione sbagliata.Sempre nel 2000, la propaganda spacciata dalla Cupola (a cominciare dalla Fed) sosteneva che con il collasso delle azioni tencologiche la bolla USA sarebbe finita; abbiamo visto che non era vero. Oggi, analogamente, si sostiene che con il collasso dell’ipotecar-finanziario non solo sia finita la bolla USA, ma anche quelle sparse in tutto il globo; vedremo che non sarà vero. Specialmente quando si esaminano i  numeri rivenienti dalle  esportazioni, è ragionevole presumere che la Cina sia l’altra faccia della medaglia americana. E’ mia precisa opinione che la Cina sia in realtà una Bolla storica, e che può aver cominciato quella che si rivelerà essere una nuova potente fase di eccesso inflazionistico, una vera e propria “febbre gialla”. E’ noto che la Cina ha circa 2 trilioni di riserve ed una popolazione di 1,3 miliardi; ebbene, sono numeri che già da soli mostrano le potenzialità inflazionistiche senza precedenti della Cina; ma va anche considerato che essa mantiene anche strettamente collegati il proprio sistema bancario e il proprio governo autoritario: basta notare  che le banche cinesi nello scorso mese hanno aumentato i loro prestiti per una cifra enorme (234 milairdi di dollari). La Cina adesso sta anche usando aggressivamente gli scambi di valuta e altri meccansimi finanziari per sostenere esportazioni e commercio specialmente nell’area asiatica. Il governo sta facendo credito a tutte le principali industrie che lo forniscono, e questo è potenzialmente un enorme elemento di sviluppo sia dal punto di vista cinese che globale. E’ chiaro che se la politica industriale cinese cerca di elevare lo status di industrie domestiche chiave, il tumulto globale attuale fornisce una rara opportunità di penetrazione. Soprattutto se la Cina si mette a sviluppare il nord del paese come ha fatto con il sud, non ci sarebbe letteralmente alcun limite all’ammontare di moneta che potrebbe essere spesa.
Sul breve termine, i cinesi sono fissati sul mantenimento della stabilità sociale, per non mettere a rischio il loro regime. Pertanto, devo presumere che ciò porterà ad ulteriori politiche inflazionistiche, specialmente in questa fase. In che misura le ambizioni di lungo termine di potere globale ed influenza sul mondo, lavoreranno anch’esse allo scopo di incrementare l’inflazionamento di breve termine, è più difficile da giudicare. Ma fino a quando non vedo qualcosa in grado di convincermi del contrario, continuerò a pensare che l’attuale contesto globale fornisce alla Cina un opportunità per i suoi obiettivi di lungo termine. Nell’epoca dello stimolo globale sincronizzato, non vedo perchè la Cina non dovrebbe competere anche in questo dominio. E credo che una dinamica simile si  dimostrerà una potente forza inflazionistica globale. Se negli anni 90 l’emersione del fenomeno cinese è stato un fattore di forte disinflazionamento , nel prossimo futuro la situazione si capovolgerà. La Storia potrà in futuro considerare il G20 svoltosi questa settimana a Londra come la tappa simbolica dell’inizio della grande era inflazionistica.

MATERIE PRIME: rame uber alles
Ancora  preziosi in calo, in parallelo al ritrovato ottimismo dei mercati finanziari sulle migliorate attese innescate dal G20 di futura ripresa economica e che ha quindi  l’effetto di far salire ancora i metalli industriali ed anche gli alimentari, con soltanto il petrolio fermo ma sempre sopra quota 50 dollari; si chiude infatti con  -3% per l’oro (+1% da inizio anno), -4% per  l’argento(+13%) +3% per il platino(+22%) fermo il petrolio (+18%) in lieve recupero il gas naturale +2% ( -32% ), mentre  il  rame continua a svettare su di tutti con +8%(+40%), in seguito agli acquisti dei cinesi che nell’ultimo mese hanno quasi raddoppiato le importazioni di rame: stanno iniziando a capire quanto sia meglio assicurarsi il solido piuttosto che continuare  ad accumulare carta dal dubbio esito. L’indice generale CRB sale del 3% (-0%).
Si conclude con : petrolio a 52(maggio) gas naturale a 3,8(maggio) oro a 895(maggio) argento a 12,7(maggio) platino a 1159 (aprile) palladio a 225(giugno) rame a 200(maggio).
CAMBI: eurodollaro sempre incerto
L’indice del dollaro ha finito la settimana con un calo dell’1% a  84,1 (+ 3,5% dall’inizio dell’anno). Ha ancora perso contro  le valute più legate alle commodities come  i dollari neozelandese ed australiano(+3 %) ed anche con l’euro (-1,5%) e con la sterlina (-3,5%) ;  guadagna solo con lo yen (+2,4%) l’ultima ruota del carro valutario in questa fase.
Il dollaro è stato indotto a perdere man mano che l’appetito per il rischio è andato aumentando, esattamente come successo per l’oro : il suo ruolo di bene rifugio è venuto meno. Venerdì l’indice del dollaro ha concluso appena sopra al supporto che connette i minimi di marzo e di inizio aprile; una sua rottura può adesso farlo scendere in modo consistente, e ciò si verificherà se proseguirà l’ottimismo  prevalente. Nel caso invece di ritorno delle preoccupazioni, è possibile un rimbalzo significativo. I dati macro economici hanno giocato un ruolo secondario e sostanzialmente neutrale, come si è visto venerdì financo con quelli sull’occupazione americana che al netto delle revisioni sono usciti peggio delle attese e con il tasso di disoccupazione al nuovo record dell’8,5%; ma si tratta di notizie “vecchie” basate su un indicatore considerato “ritardato”, da  mercati assetati di novità che godono della grande liquidità creata dalle banche centrali, attualmente parcheggiata in titoli di Stato e in dollari, ma pronta a rientrare sull’arena degli impieghi più rischiosi.
Nel frattempo la pressione è apparentemente diminuita sull’economia europea, con l’annuncio dei sostegni del G20, ed un taglio dei tassi BCE più piccolo del previsto che ha lasciato un differenziale ancora favorevole alla valuta europea rispetto a molte controparti, a cominciare dal dollaro. Ideale per l’euro, che infatti mette a segno una settimana positva, ma sulla sua tenuta a lungo termine sarà decisiva- come per il dollaro – la propensione al rischio sopramenzionata, e il contenimento delle minacce endogene rivenienti dall’est europa, fattori questi che potrebbero anche evitare l’inflazionamento monetario da parte della BCE sulla scia di USA, Giappone e Inghilterra. Trichet comunque nella conferenza stampa di giovedì ci ha tenuto ad esplicitare in modo molto chiaro che i tassi possono scendere ancora, e che a maggio potrebbe venire decisa una manovra di inflazionamento dell’euro.Dunque partita sempre molto aperta, suscettibile di creare grande volatilità.
OBBLIGAZIONI:  scricchiolano i bonds
Negli USA  i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano 1,38% (+8 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è    al 1,16%(-6 cts.) e ad un anno al 1,94%(-7 cts.); i bot a 3 mesi   allo 0,22%(+8 cts.). I rendimenti dei bonds  a 2 anni  a 0,91%(+5 cts.); a 5 anni al 1,81%(+9 cts.); il decennale al 2,86% (+10 cts); a 30 anni al 3,73%(+6 cts.). Sale   il differenziale tra 2 e 10 anni  a 195 (+4 cts.). Scendono  i tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (-7 cts.  al 4,78%)  e quindicennali(-6 cts. al 4,52) e quelli a tasso variabile ad un anno (-10 cts. al 4,75%). In calo i differenziali sui bonds aziendali, in parallelo con il rimbalzo della borsa, ed i rendimenti degli obbligazionari dei paesi emergenti, con i bonds brasiliani  al 6,41%  sul decennale (i messicani  al 5,9%), sale ancora  invece  quello del decennale giapponese (1,41) dopo che il debito pubblico supera il 200% del PIL.
In Europa  i  tassi euribor  scendono ancora:  ad un mese  al 1,08% (-8 cts.) a tre mesi al 1,5%(-5 cts.) ad un anno  al 1,83%(-4 cts.). I rendimenti sui bund tedeschi in rialzo sul 2 anni al 1,51%(-20 cts.) e  in rialzo sul decennale al 3,22% (+13 cts.) per cui riduzione del  differenziale tra 2 e 10 anni (+171 cts.) a differenza di quello americano,perchè quasi fermo  il differenziale con i bonds USA  a +36 cts. per il bund sul decennale e in rialzo quello  sulla scadenza a due anni (+60 cts.)  sempre a favore del bund.
BORSE:  ancora rialzo
Iniziano a sentirsi teorie secondo le quali le borse hanno ormai visto i loro minimi assoluti e in futuro non potranno far altro che salire. Niente di più errato, è la classica trappola in cui si vuole spingere il gregge per poi tosarlo ancora una volta. L’analisi basata sulle onde di Elliott lascia pochi dubbi al riguardo. Finora vi sono stati solo due cicli ribassisti da 5 onde.  Il primo si è concluso a marzo 2008, il secondo iniziato a maggio dello stesso anno si è concluso a marzo 2009. In termini di cicli quindi possiamo contarne 3 (marzo-maggio 2008 è il rimbalzo intermedio), con il quarto al rialzo adesso in corso,  che sarà seguito dal quinto al ribasso. Si può anche fare un conteggio ABC, in cui l’insieme dei 3 cicli già svoltisi, rappresentano: la  A conclusasi a 667 di sp500, mentre è iniziato ed è in corso la B che storicamente arriva a ritracciare il 50% circa di tutta la A, per poi esssere seguito dalla C che si concluderà a minimi di gran lunga inferiori a quelli di A. In un modo o nell’altro insomma le borse torneranno a scendere, nonostante il grande inflazionamento architettato dalle autorità possa far pensare che ciò non accada.
Per il momento comunque è certo che il trend è tornato rialzista, già da tempo per le borse periferiche, mentre per quelle occidentali la conferma è arrivata proprio questa settimana. Il rally dovrebbe ora estendersi fino a quota 1100 di sp500, e la struttura di onde dovrebbe anch’essa prendere la forma di un ABC, in cui ogni onda a sua volta dovrebbe suddividersi in tre onde intermedie. Poichè l’intera ampiezza dovrebbe essere di 440 punti (per arrivare a 1100), è probabile che la A sia di circa 220 punti (quindi intorno a 887, ma potrebe anche andare un pò sopra quota 900, senza però spingersi oltre 944 che è stato il massimo raggiunto durante il rimbalzo di fine anno, ai primi di gennaio. Una volta completata la A è probabile che la B ritracci un 38% -50% di A e da lì partire la C con obiettivo 1100.  La A fin qui si è sviluppata con una prima onda impulsiva arrivata fino a 833, seguita da una correzione a 780, e da una terza onda rialzsta tuttora in corso che proprio veenrdì ha fatto un nuovo massimo a 846.
Naturalmente queste proiezioni sono fatte sui precedenti storici, ma non c’è alcuna certezza che il passato si rifletta nel futuro; si tratta soltanto di una maggior probabilità perchè spesso gli operatori si ispirano al passato (ed è per questo che spesso simili proiezioni si rivelano azzeccate grosso modo, come in fondo successo fin qui).

Si conclude con Dow a 8017 +3,1% ( -8,6% da inizio 2009) SP500 a 842 +3%(-7%) Nasdaq100 a 1316 +5%(+8%)Russell +6%(-7%) Trasporti +7%( -16%) utilities +1,7% (-10%) semiconduttori +4,6% ( +18%) Broker +5%( +9%) Banche +5%( -30%).Il rapporto tra put e call scende a 0,8 e  l’indice della volatilità VIX scende  a 39.
Il Nikkey giapponese  a 8750 +1,5%(-1,2% da inizio 2009),  il Dax a 4385 +4%(-9%)  il cac francese a 2958, il footsie inglese a 4029 spmib a 16900 e mibtel a 13548 +4% (-14%). Tra gli emergenti: Brasile +5,8%(+18%) Russia +3,7% (+18%) India +3,4%(+7%) Cina +2%(+33%).
PREVISIONI:  prepasquale
La prossima settimana non ci sono molti dati macro USA, giovedì arriva il deficit commerciale e venerdì quello del bilancio statale. A maggior ragione quindi sarà importante osservare se il sentimento positivo viene invece disturbato da altre notizie aziendali: inizia infatti la stagione dei  risultati di bilancio relativi al primo trimestre 2009. Il singolo evento più importante potrebbe risultare la pubblicazione dei verbali della FED relativi alla decisione di marzo, in cui la sorpresa fu l’annuncio del mega inflazionamento: dai verbali si potrà meglio capire quali sono le ntenzioni circa il perdurare del fenomeno e quali sono le previsioni di crescita e di inflazione su cui fa riferimento la Fed per i prossimi anni, e se peggiori del previsto possono tornare ad intaccare l’ottimismo degli ultimi giorni. Dall’europa arrivano indicatori di fiducia relativi però a prima del g20, le vendite al dettaglio e la stima finale del pil nel 4 trim. 2008. Settimana corta perchè venerdì molti mercati sono chiusi in vista della Pasqua.

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