Mafia, al 41 bis boss dei Santapaola |Carcere duro per Maurizio Zuccaro - Live Sicilia

Mafia, al 41 bis boss dei Santapaola |Carcere duro per Maurizio Zuccaro

Il collegio di difesa del cognato di Salvatore Santapaola ha già presentato reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Roma. Tutte le accuse e il profilo criminale del boss.

 

provvedimento del ministero della giustizia
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Maurizio Zuccaro

CATANIA – Da fine gennaio 2014 Maurizio Zuccaro è detenuto in regime di 41 bis, nel carcere Opera di Milano. Il provvedimento è firmato dal Ministro della Giustizia che ha accolto la richiesta della Procura di Catania guidata da Giovanni Salvi, dove sono enumerate le dichiarazioni di sei collaboratori di giustizia, oltre alle molteplici indagini e sentenze che dimostrerebbero il ruolo apicale del cognato di Salvatore Santapaola all’interno di cosa nostra catanese. Posizione di vertice che potrebbe continuare a rivestire, secondo i magistrati di Piazza Verga, anche con il regime carcerario ordinario, in quanto Zuccaro da dietro le sbarre avrebbe tutti gli strumenti per poter impartire ordini al clan.

E’ indicato come esponente di spicco del clan Santapaola Ercolano da Santo La Causa, uomo di vertice della cosca e da Giuseppe Mirabile, anche lui personaggio di indubbio spessore della famiglia dello “Zio Nitto”. Si parla di lui anche in diversi verbali di Eugenio Sturiale e della moglie Palma Biondi. Ed è riconosciuto il suo ruolo apicale anche da boss, diventati collaboratori di giustizia, di altri clan rivali ai Santapaola, come Gaetano D’Aquino dei Cappello Carateddi e Giuseppe Laudani, capomafia dell’omonima organizzazione crimanale.

Nella richiesta arrivata ai tavoli del Ministero della Giustizia sono elencate anche le sentenze dell’inchieste Orione e Dionisio nelle cui motivazioni si parla di Maurizio Zuccaro come di un soggetto apicale di cosa nostra catanese. Per precisione dei fatti nella sentenza Orione è solo nel verdetto di primo grado del 2005 che al cognato di Salvatore Santapaola è riconosciuto il ruolo di capo e promotore, mentre in secondo grado è ribadita la sua appartenenza all’organizzazione criminale ma non è confermata la posizione di vertice. Nell’inchiesta Dioniso anche se non in modo palese riaffiorano tutti gli elementi che dimostrerebbero il suo potere all’interno della famiglia Santapaola.

Carcere duro, dunque, per il boss Maurizio Zuccaro che fino allo scorso anno scontava la pena per associazione mafiosa e l’ergastolo per l’omicidio di Salvatore Vittorio ai domiciliari per le sue condizioni di salute. Il detenuto è affetto da paraparesi da poliradicolonevrite infiammatoria demielinizzante cronica e emopatia anemizzante, patologie ritenute dai giudici incompatibili con il regime detentivo. A fine marzo però Zuccaro riceve un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione “Cosa Nostra”: la Procura lo accusa dell’omicidio di Vito Bonanno ammazzato nel 1995 davanti all’Etna Bar. Per lui si riaprono le porte della galera, e proprio pochi giorni dopo che il Riesame stava valutando il ricorso dei suoi legali per ottenere gli arresti domiciliari in regime ospedaliero il cognato di Salvatore Santapaola è destinatario di una nuova misura: questa volta l’accusa è di essere uno degli organizzatori dell’omicidio di Luigi Ilardo, delitto per cui la procura di Giovanni Salvi ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio.

Nel provvedimento del Ministero della Giustizia si fa riferimento all’articolata vicenda della vita detentiva di Maurizio Zuccaro con le telecamere che lo filmarono mentre nella toilette del Ferrarotto, dove era ricoverato,  “cercava di aggravare le sue condizioni di salute  mediante – si legge nell’ordinanza – auto salasso”. Quei filmati furono portati dalla procura davanti al Tribunale della Libertà la scorsa estate, quando i giudici dovevano discutere del ricorso presentato dal difesa che si era opposta alla decisione del Gip, che aveva ordinato il ripristino della misura detentiva in carcere, quando i medici del Ferrarotto avevano evidenziato un netto miglioramento delle condizioni di salute dell’indagato compatibili con una detenzione in un istituto penitenziario dotato di un centro medico idoneo per sottoporsi alla terapia. Il Riesame dispose l’immediato trasferimento al carcere e, in quella circostanza, il Procuratore Salvi parlò di un provvedimento rilevante in quanto era stato “lanciato un segnale importante a tutta la criminalità organizzata” e soprattutto era stata scritta la parola “fine – spiegò Salvi a LiveSiciliaCatania – all’impunità che ha consentito di evitare la detenzione in carcere di questo pericoloso criminale”.

Il collegio difensivo di Maurizio Zuccaro, detenuto in regime di 41 bis al Carcere Opera di Milano, rappresentato dagli avvocati Stella Rao e Giuseppe Rapisarda, hanno già depositato il reclamo alla cancelleria del Tribunale di Catania, nell’ufficio delle impugnazioni fuori sede, destinato al Tribunale di Sorveglianza di Roma con cui si chiede l’annullamento del provvedimento. Per i legali non ci sono gli elementi per disporre il regime del 41 bis. Partendo in primis dalle condizioni di salute di Maurizio Zuccaro, che come diverse ordinanze del Riesame hanno rilevato, sono nettamente incompatibili con il regime carcerario. Oltre questo, secondo la difesa, non sussistono i requisiti di pericolosità sociale e soprattutto l’attuale ruolo apicale all’interno dell’organizzazione mafiosa Santapaola – Ercolano.


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