PALERMO – Alla fine la scure si è abbattuta sulle parti civili. Tredici associazioni sono state escluse dal processo Apocalisse che vede imputati presunti boss e gregari dei clan di Tommaso Natale, Resuttana, Partanna Mondello, San Lorenzo, Acquasanta, Pallavicino e Zen.
Per “mancanza di un concreto ed effettivo interesse previsto dallo statuto dell’ente” sono state escluse le associazioni: Centro studi Pio La Torre onlus, Codici onlus per i diritti del cittadino, Codici di tutela dei diritti dei diritti dei consumatori, Codici Sicilia, Ance Palermo, Confartigianato, Confindustria Sicilia. Ed ancora “per alcune irregolarità formali”, come sottolineato dall’avvocato Giovanni Castronovo, non entrano nel processo: Associazione nazionale per le mafie Antonino Caponnetto, Confimpresa Palermo (si è costituita solo il 18 luglio 2014) Movimento sindacato di Polizia (sotto più profili: carenza di interesse, costituzione dell’ente in epoca successiva alla richiesta di rinvio a giudizio e perché non opera a Palermo). Infine sono state escluse perché operano fuori Palermo: Forum associazione anti usura (sede a Roma), Obiettivi legalità (sede a Catania), Associazione antiraket Gaetano Giordano (sede a Gela).
L’inchiesta sfociata nel processo, coordinata dai pm Dario Scaletta, Francesco Del Bene, Annamaria Picozzi, Amelia Luise e Roberto Tartaglia, ha ricostruito gli assetti di vertice dei principali clan della città e diversi episodi di estorsione. Imputati, tra gli altri, i boss Girolamo Biondino, Francesco e Giulio Caporrimo, Silvio Guerrera, Tommaso Contino, Gioacchino Favaloro, Gaetano Ciaramitaro e Giuseppe Battaglia, il pentito Vito Galatolo e i capimafia Filippo e Agostino Matassa.
La decisione del giudice per l’udienza preliminare Roberto Riggio arriva all’indomani delle polemiche sulla valanga di richieste di costituzione di parte civile. Era stato il comitato Addiopizzo (ammesso assieme a Fai e Libero Futuro), presenza costante nei Tribunali dall’anno della sua costituzione, il 2004, ad accendere le polveri. A scagliarsi contro il proliferare “di carovane di associazioni e organizzazioni che sgomitano e scalpitano per costituirsi parte civile nei processi di mafia ed estorsioni”. Poi era stata la volta dell’avvocato Jimmy D’Azzò: “Esprimiamo solidarietà alle parti offese, se ritengono di avere subito un danno è giusto che si costituiscano, ma bisogna mettere un freno. Ci sono associazioni che davvero svolgono un ruolo nel territorio, ormai riconosciuto e storicizzato, ma ce ne sono altre che hanno un mero ruolo di facciata. Si presentano in aula senza nemmeno conoscere il processo”.
Aggiornamento del 26 maggio, ore 17.20. In merito all’esclusione della costituzione di parte civile del Centro Pio La Torre dal procedimento cd operazione Apocalisse a seguito dell’ordinanza emessa dal Gup dott. Riggio il 25 Maggio scorso, il Presidente Vito Lo Monaco ha dichiarato: “Siamo addolorati da una decisione che, alla luce della trentennale storia e delle attività del Centro, appare incomprensibile. Il Centro Pio La Torre da circa dieci anni è presente in quasi tutti i processi aventi ad oggetto i reati di associazione mafiosa, estorsione e altri reati affini in tutto il territorio siciliano, la costituzione di parte civile è sempre stata ammessa ed è sempre stato riconosciuto soggetto danneggiato nelle relative Sentenze. Proprio per la sua peculiarità quale associazione antimafia a tutto tondo è, insieme a Libera di Don Ciotti, legittimato quale parte civile nel proc. cd “Trattativa Stato-mafia”. Nelle decine e decine di ordinanze ammissive della propria costituzione di parte civile – continua Lo Monaco – il Centro non ha mai subito limitazioni territoriali o per materia alla propria piena legittimazione che hanno, invece, riguardato altro tipo di associazioni. Quel che colpisce maggiormente è che, nella motivazione dell’esclusione, il Giudice, omettendo di considerare le attività antiracket e di tutela, supporto ed assistenza legale a Enti pubblici associazioni e persone fisiche svolte dal Centro, per le quali è iscritto al registro prefettizio delle associazioni antiracket, sminuisce l’importanza dell’attività antimafia svolta sul terreno sociale e culturale”.
“È, ormai, patrimonio comune che una reale ed efficace azione di contrasto al fenomeno mafioso – conclude Lo Monaco – debba svolgersi prevalentemente in campo culturale e sociale e politico e di educazione alla coscienza critica antimafiosa soprattutto avendo come obiettivo le nuove generazioni; azione che il Centro svolge attraverso innumerevoli iniziative in tutto il territorio nazionale che hanno avuto i più ampi riconoscimenti ai più alti livelli istituzionali, per tutti si veda il riconoscimento e l’apprezzamento del Presidente della Repubblica appena il mese scorso. Misconoscere questo aspetto, significa appiattirsi su un concetto di lotta alla mafia esclusivamente sul piano giudiziario o, peggio, a uso e consumo autoreferenziale di quella “antimafia di facciata” purtroppo tanto in voga ai giorni nostri”.